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Ancona, 2--22 marzo 2015: Congresso nazionale MFE

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Messaggio Da Erasmus Ven Mar 20, 2015 3:33 pm

Inizia oggi ven 20.03.15 (e durerà fino a domenica prossima compresa) il congresso nazionale del Movimento Federalista Europeo.
Nel sito del  MFE http.//www.mfe.it, alla pagina http://www.mfe2.it/congresso2015/Home.html, chi è interessato può trovare ulteriori notizie su questo evento (e leggere anche qualche documento preparatorio).

Dal sito del MFE si può anche scaricare "L'UNITA' EUROPEA", che è l'organo ufficiale del MFE (e contiene molte notizie, anche riguardanti l'organizzazione del movimento].

In occasione di questo congresso, il prof. Roberto Castaldi (della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa) – federalista da una vita, nonché mia vecchia conoscenza fin da quando era ancora un ragazzo di belle speranze! – pubblica sull'Espresso (cioè nel suo blog ospitato dal sito dell'Espresso) un bell'articolo che in fondo esprime l'orgoglio di essere federalisti europei.
Sì: è questo il concetto che ho spesso espresso!
La probabilità di successo 8ossia di realizzare davvero la Federazione Europea) è scarsa.
[Nel suo ultimo discorso pubblico Juncker incomincia con queste parole: «There is never going to be a United States of Europe, but the EU needs to show its partners where it is heading if it wants to be taken seriously»].
Ma questo non vuol dire che i federalisti hanno torto, che sono fuori della storia!
Al contrario: sono tra i pochi fortunati ad aver capito veramente il significato della storia moderna. Non possono rinunciare al raziocinio, alla comprovata ragione, al fatto sostanziale di avwer ragione loro, anche se sono in minoranza.
[Del resto ... per quanti decenni sono rimasti in minoranza i copernicani rispetto agli aristotelici?
E quanto c'è voluto perché il governo degli stati cessasse di essere assoluto e si facesse largo un pizzico di democrazia rappresentativa? Il "federalismo" è rivoluzionario"! Le rivoluzioni davvero "culturali" costano anche secoli di battaglia politica].

Trascrivo di seguito l'articolo del prof. Castaldi.
Fonte –––> Il cuore pulsante della civiltà europea


Noi, europei

di Roberto Castaldi 


20 mar 

[size=31]
Il cuore pulsante della civiltà europea[/size]


In questa crisi spesso mi torna in mente la riflessione di Toynbee sulla fine delle civiltà e sull’Europa. Secondo lui gli europei sono come i greci delle polis di fronte all’ascesa dell’impero macedone e poi romano, e i cittadini degli staterelli italiani del Rinascimento di fronte al consolidamento dei primi Stati moderni europei. Abbiamo cioè una scelta semplice di fronte: unirsi o perire. Due grandi civiltà europee sono morte su questa scelta, perché i greci hanno scelto di continuare a sentirsi ateniesi e spartani, e gli italiani fiorentini, veneziani, ecc. Oggi in un mondo globalizzato possiamo scegliere se vivere come europei o morire come italiani, francesi e tedeschi. E molti sembrano considerare l’Europa solo “un’espressione geografica” come risposero i suoi contemporanei a Machiavelli quando sosteneva la necessità dell’unità d’Italia. Da quella risposta derivarono secoli di declino, irrilevanza e dominio straniero.
A questo dato strutturale si aggiungono le crisi contingenti, come il rischio Grecia, la guerra in Ucraina, l’IS, tutto il Medio Oriente e il Nord Africa in fiamme. Solo a pensarci si sente un senso di angoscia, di urgenza, e si capisce che solo come Europei possiamo sperare di affrontare e vincere queste sfide.
E così ieri e oggi si svolge una riunione del Consiglio Europeo – composto dai Capi di Stato o di governo nazionali – già annunciato come “non decisivo” su questi temi, tanto per cambiare. Si rilancia sul piano dell’unione energetica, ma non si sono ancora realizzate le unioni fiscale, economica e politica indicate dal Rapporto dei Quattro Presidenti (del Consiglio Europeo, della Commissione, della Banca Centrale Europea e dell’Eurogruppo) del dicembre 2012. Le leadership nazionali giocano sul ciglio del precipizio. La loro irresponsabilità arriva ad ignorare le regole, come mostra il mini-vertice sulla Grecia con le istituzioni europee e Francia e Germania che ha suscitato il malcontento di vari Paesi, e la dura reazione del Belgio.
Mostrano di non capire il contesto globale, e neanche la situazione locale. L’Europa assiste a una dinamica sociale e politica simile a quella post-1929 che ha portato a numerosi regimi fascisti: crisi economica gravissima di cui non si comprendono bene le cause e soprattutto le vie d’uscita; perdita di speranza e di senso del futuro; ricerca di capri espiatori e aumento di xenofobia, antisemitismo e sfiducia nella politica; pulsioni alla chiusura sociale; emergere o consolidamento di forze politiche populiste e anti-sistema che cavalcano le paure e promettono ricette tanto semplici quanto fallaci.
In questo quadro ad Ancona si apre il XXXVII congresso nazionale del Movimento Federalista Europeo, fondato da Altiero Spinelli nel 1943 dopo la caduta del Fascismo e la sua liberazione dal confino di Ventotene. Nella sua autobiografia “Io, Ulisse” Spinelli ricorda che alla liberazione gli altri confinati tornavano da eroi alle loro forze politiche. Lui doveva fondarsela potendo contare solo su se stesso, un manifesto, e pochi amici che aspettavano di essere guidati da lui. E’ il riconoscimento di un’inadeguatezza di fronte ad un compito enorme, unita però alla volontà di non lasciare nulla di intentato.  Per quanto piccolo, debole, inadeguato – specie nella percezione dei suoi militanti – quel Movimento è ancora in grado di offrire una volontà e un modo di vivere alla civiltà europea moderna.
Oggi c’è il Consiglio europeo a Bruxelles. Ma il cuore pulsante della civiltà europea batte ad Ancona, dove si discute di come ridestare le energie morali degli europei per salvare la loro civiltà ed i loro valori. Perché i diritti umani, il no alla pena di morte, un modello sociale solidale, una società aperta e tollerante, e la prova che la creazione di istituzioni comuni sovranazionali sono in grado di bandire la guerra tra gli Stati membri sono conquiste che meritano di sopravvivere e per cui vale la pena di impegnarsi.
@RobertoCastaldi
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