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Per Mamma Rai l’Irpinia dei vini non esiste

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Messaggio Da Condor Mar Giu 02, 2015 12:01 pm

http://www.orticalab.it/Per-Mamma-Rai-l-Irpinia-dei-vini


Una trasmissione andata in onda qualche mese fa. Oggi mi chiedo quanti danni abbia prodotto quell'informazione discriminatoria nei confronti della Campania.
Purtroppo non tutti sanno, ma grave è che non lo sappia il direttore del TG2 RAI, Marcello Masi che, dopo Conegliano Veneto, la seconda scuola di enologia in Italia è stata fondata proprio in Campania, ad Avellino, nel 1876.
Cosa pensare di un servizio pubblico che non solo discrimina con i propri servizi alcune regioni italiane, ma pone in evidenza anche tanta ignoranza in chi occupa posti di rilevante importanza nelle nostre istituzioni, perché la RAI è un'istituzione.


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Messaggio Da Condor Dom Giu 07, 2015 3:14 pm

Per Mamma Rai l’Irpinia dei vini non esiste  Taurasi


TAURASI D.O.C.G.

Il “Taurasi”  è prodotto in un’area di grande tradizione vitivinicola, che comprende 17 comuni dell’Irpinia. E’ un vino DOCG dal colore rosso rubino intenso, tendente al granato, adatto a lungo invecchiamento, durante il quale sviluppa aromi e sapori di grande e complessa intensità. Annoverato tra i più pregiati vini d’Italia, è ottenuto dal vitigno Aglianico (è consentito l’uso di altri vitigni a bacca rossa non aromatici fino ad un massimo del 15 %),  e invecchiato tre anni in botti di rovere: il “Taurasi”. Questo eccellente prodotto vinicolo ottenuto è il  frutto di una miscela perfetta di ingredienti particolari: la terra, il clima e le uve dei rigogliosi vigneti situati sulle splendide colline irpine, ra i 400 ed i  700 metri.
L’alta qualità delle produzioni vitivinicole e la loro diversificazione rende ardua la scelta tra le numerose cantine presenti sul territorio dove, prenotando con anticipo, è possibile in molti casi visitare i luoghi di produzione ma anche degustare il vino accompagnandolo con l’assaggio di specialità tipiche locali. Oltre ad assaporare il Taurasi DOCG, è possibile farsi conquistare dagli altri ottimi vini dell’area, da una grappa di Taurasi e dagli altri liquori tipici locali, come il Limoncello o il Nocino.
Con la moderna viticoltura, i vigneti si allevano a Guyot o a cordone speronato, ma nel paesaggio taurasino è possibile ancora vedere gli alti festoni delle tradizionali “alberate taurasine”, che hanno rappresentato per secoli il sistema di allevamento dell’Aglianico di Taurasi, risalente alla scuola etrusca.
La rinascita moderna del Vino Taurasi  fa data agli anni ’30, quando i vini Irpini diventano il supporto e la salvezza per i tanti viticoltori del nord Italia  e francesi, i cui vigneti cominciavano ad essere ricostruiti dopo il flagello fillosserico. A Taurasi la “Ferrovia del vino” era così chiamata a causa della gran quantità di vino che partiva dallo scalo verso la Toscana, il Piemonte e soprattutto Bordeaux. Nello stesso periodo però, con una presa di coscienza che imprime una svolta epocale alla produzione viticola Irpina, cominciano a sorgere le prime cantine di imbottigliamento, che nel corso degli anni hanno portato in giro per il mondo la qualità e la grande tipicità dell’uva Aglianico. Alla fine del secolo scorso, nel 1878, la lungimiranza e la grande cultura di Francesco De Sanctis avevano portato alla costituzione dell’Istituto Agrario di Avellino ad indirizzo Enologico e questa scelta ha fatto si che la straordinaria potenzialità varietale e tecnologica non andasse perduta, ma salvaguardata e valorizzata e a tutt’oggi l’Istituto sforna esperti agronomi ed enologi, i quali, innestando, potando, solforando le viti e vinificando personalmente, hanno salvaguardato un patrimonio ampelografico che ancora oggi resta quasi sconosciuto. Inoltre il vino è parte integrante dei prodotti Tipici Campani e quelli Lucani che sono alla base della rinomata Dieta mediterranea. http://www.vinotaurasi.it/il-vino-taurasi/

Caratteristiche
Vino dal colore intenso rosso rubino con riflessi granati, consistente e poco trasparente. Al naso è ricco e persistente con sentori di frutti rossi maturi, leggermente marmellatosi, con profumi terzieri armoniosi e gradevoli, dalla speziatura alla tostatura. Al gusto appare caldo, con tannini presenti ma ammorbiditi dall’affinamento in legno e in bottiglia, la freschezza dona al vino vivacità nonostante l’età, e ne garantisce la longevità.

Abbinamento
E' sicuramente un vino da cibi ricchi a base di carni rosse, cacciagione, e piatti invernali tipici della cucina montana. La sua dimensione migliore è in abbinamento con formaggi molto stagionati, o goduto in solitario anche lontano dai pasti.
Va servito, decantato, per la eventuale presenza di leggeri depositi dovuti alla assenza di filtrazione e stabilizzazione, alla temperatura di 18-20°C.
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Messaggio Da Condor Dom Giu 07, 2015 3:35 pm

Per Mamma Rai l’Irpinia dei vini non esiste  Fiano08

FIANO D.O.C.G.

Il Fiano di Avellino prende il suo nome dal vitigno autoctono Fiano, che in tempi più antichi era chiamato 'Latino', al fine di distinguerlo dall’altra varietà:  il Greco. Dal 2003, Fiano di Avellino ha raggiunto lo status di DOCG. Fino a tempi relativamente recenti questo vino non era economicamente molto apprezzato per il basso rendimento, ma la riscoperta di gusti, autenticità e varietà delle uve ha aumentato il suo valore e popolarità.
Il Fiano è probabilmente il più raffinato vino bianco del Sud Italia. Ciò è principalmente dovuto al perfetto equilibrio tra sapori e profumi. E' un vino bianco molto intenso leggermente fruttato.
Il colore è di un eccezionale e luminoso giallo dorato, il suo profumo delicato di frutti tropicali e fiori, con aggiunta di sentori di nocciole e mandorle tostate. Il gusto è pieno, morbido, fresco e pulito, con acidità vivace e una leggera nota di noci tostate e di mandorla amara nel retrogusto. Aromi spesso presenti sono pera, ananas, acacia, miele e fiori.
Indicato come aperitivo in specie con le nocciole tostate, accompagna frutti di mare e piatti di pesce di alta cucina, minestre e primi piatti.
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Messaggio Da Condor Lun Giu 15, 2015 6:11 pm

Per Mamma Rai l’Irpinia dei vini non esiste  Mastroberardino1


Lacryma Christi del Vesuvio

Il vino Lacryma Christi ha denominazione antica, che si perde nella leggenda. Storicamente il vino, già famoso presso gli antichi Romani, deve la sua fama ed il nome ai monaci che, a partire dal Medioevo, per secoli lo produssero stillando la lacrima dalle uve delle vigne vesuviane. La storia della regione Campania, la Campania Felix dell’epoca romana, deve la sua feracità al Vesuvio, il Dio e il diavolo di questa terra. Il vino nasce dal connubio vitigno – territorio, comprendendo in questo l’ambiente e il microclima. La presenza del Vesuvio ha avuto un’influenza determinante sulla ricchezza mineralogica dell’intera area, e di conseguenza sui frutti della terra che trasmette i suoi caratteri, i suoi sapori attraverso il nutrimento delle piante in essa radicate. D’altronde Plinio asserisce che “è il terreno e il paese dove nasce e non l’uva a fare la differenza nei vini”.

1) Varietà: rosso rubino intenso proveniente da vitigno Piedirosso 100%, con profumi e aromi di ciliegia, prugna, affumicato, cui si aggiungono note speziate di pepe e chiodi di garofano. Dal sapore caldo di grande struttura e morbidezza, dotato di tannini fini. Ripropone al gusto le note fruttate e speziateE' un vino importante, che predilige abbinamento con i primi piatti saporiti quali paste o polente con sughi di carne; ideale con carni rosse elaborate; interessante l’abbinamento al pesce spada cotto alla griglia.
2) Varietà: Giallo paglierino, proveniente da vitigno Coda di volpe 100%. Nel profumo si percepiscono sentori di frutti maturi, ananas, pesca bianca, pera e aroma tipico di liquirizia. Vino di struttura equilibrata, in bocca riemergono i sentori di frutta fusi perfettamente con le note minerali. Di grande versatilità e di facile abbinamento, ideale con antipasti, primi piatti marinari e pesce arrosto.
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Messaggio Da Condor Lun Giu 15, 2015 6:14 pm

Per Mamma Rai l’Irpinia dei vini non esiste  Rosato

Aglianico del Taburno 

Vitigno di grande tradizione, l'Aglianico è il più nobile e importante dei vitigni del sud e rappresenta una matrice unificante dei grandi rossi meridionali collocandosi tra i migliori vitigni rossi italiani. Controversa è l'origine del suo nome. Diversi studiosi rimandano l'etimo di Aglianico (o Glianica) a Hellanico o Ellenico, accreditando l'origine greca, in particolare eubea, del vitigno. Il Porta (1592) identificava le viti Helleniche con le antiche Helvolae descritte da Columella e Plinio. Studi più recenti, rilevando un'assonanza Guaranico/Glianico ne fanno il continuatore dell'antico Guarano, citato da Plinio. Improbabile l'identità, sia pure solo lessicale, fra Aglianico ed Aleatico nonchè la derivazione del toponimo Elea/Velia. Più interessante il percorso etimologico di Andrea Bacci (1596) che risale al greco aglaos (chiaro) e aglaia (splendore), da cui Aglianico, vino rubino e splendente.

1) Varietà rosso: Il colore è rosso rubino con riflessi porpora. Al naso l’impatto iniziale è di frutta, confettura di visciola, mora matura e prugna, seguito da sfumature speziate e tostate. Tannini fitti e morbidi. Note balsamiche e di vaniglia si fondono in un finale persistente. Ideale con selvaggina, peperone crusco e baccalà.

2) Varietà rosato: Non si parla mai tanto del rosato. E non si parla mai tanto dell’Aglianico del Taburno Docg rosato. 
Al naso sprigiona un profumo abbastanza intenso e persistente, emergono note vinose e richiami degli immancabili frutti rossi, a cominciare dalla ciliegia. Si avverte una sensazione di freschezza, che rappresenta anche la prima caratteristica che salta al gusto, dove la ciliegia si ricollega al naso, anche se con una tendenza più verso il maturo. Altra caratteristica distintiva è nella sua sapidità, quella che rappresenta un altro elemento di unione tra le varie “anime” rosato del Taburno. Un vino che ben si presta anche ad abbinamento con la cucina di mare: primi piatti ai crostacei con presenza di pomodoro oppure zuppa di baccalà e patate, sempre con pomodoro.
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Messaggio Da Condor Ven Giu 26, 2015 12:18 am

Per Mamma Rai l’Irpinia dei vini non esiste  Greco-di-tufo_selvetelle

Greco di Tufo

Il vitigno più antico dell'Avellinese è senza dubbio il Greco di Tufo, da cui si ricava l'omonimo vino, importato dalla regione greca della Tessaglia, dai Pelagi.
La conferma dell'origine millenaria di questa vite è data dal ritrovamento a Pompei di un affresco risalente al I secolo a.C. dove si menziona esplicitamente il "vino Greco". La coltivazione del vitigno Greco fu diffusa all'inizio sulle pendici del Vesuvio e successivamente in altre zone della in provincia di Avellino, dove prese il nome di Greco di Tufo.
Di colore giallo paglierino più o meno intenso, con una caratteristica profumazione ai sentori fruttati di albicocca, pesca, cedro, mandorla amara e sfumature di salvia.
Sapore fresco, minerale, fruttato e di buona persistenza.
Indicato con crostacei, grigliate di pesce, pollame, piatti freddi. Ottimo come aperitivo.
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Messaggio Da Condor Ven Giu 26, 2015 12:21 am

Per Mamma Rai l’Irpinia dei vini non esiste  451-3

Falanghina

La Falanghina è un vitigno autoctono di pregio dalle antiche, nobili, gloriose tradizioni: vigoroso e produttivo, derivante da ceppi greco-balcanici, venne introdotto in Campania dagli Aminei, popolo pelagico.
Attualmente, si estende su un’area pari al 5% dell’intera superficie vitata regionale: i territori maggiormente vocati alla produzione sono il Sannio Beneventano, i Campi Flegrei e il Casertano.
Insigni studiosi, quali il Frojo e il Fiorito, individuano nella falanghina l’antenato del Falernum Gauranum, famoso come vino degli imperatori, elogiato da Plinio il Vecchio, celebrato da illustri poeti, immancabile sui sontuosi deschi della magnifica corte reale di Napoli ed inserito nella prestigiosa carta dei vini papale; l’Acerbi, nel 1825, lo cita tra i “finissimi fautori di piaceri sublimi della gola”.
Il nome deriverebbe dal latino phalanx, o palo, al quale le viti erano sostenute secondo il sistema di allevamento puteolano, tuttora diffuso, tipico degli antichi campi ardenti dei greci, terra magica e leggendaria, sfondo dell’epica Gigantomachia.
Prodotto enologico seducente, esprime intatta la sua tradizione di classe nella vinificazione in purezza, servito tra gli 8 e i 10 gradi: è un eccellente vino bianco dal colore giallo paglierino con riflessi verdognoli; all’olfatto si apre in un ricco ventaglio aromatico di delicate note floreali e fruttate dai profumi intensi e persistenti, con lieve sentore di ginestre, fiori della macchia mediterranea, banana, mela verde, pera, mandorla, sambuco e basilico; il sapore è secco, fresco, armonico, morbido, di buona acidità; il retrogusto amarognolo, ampio e piacevole, rammenta il melograno.
La falanghina, le cui uve a buccia bianca partecipano, con percentuali diverse, agli uvaggi di molti vini Doc e Igt campani, possiede un’incredibile versatilità: “Nessun vitigno riesce ad esprimere meglio l’anima del palato partenopeo”, afferma con convinzione il noto giornalista Luciano Pignataro.
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Messaggio Da Condor Sab Lug 25, 2015 6:29 pm

All'edizione Oscar del Vino 2015, tenutasi a Roma il 6 Giugno 2015, la Campania piazza 2 primi posti nella classifica dei vini come: miglior vino rosso e miglior spumante d'Italia.

Miglior vino rosso
Taurasi Vigna Macchia dei Goti 2010 - CANTINE ANTONIO CAGGIANO

Miglior vino spumante
Dubl + 2011 - FEUDI DI SAN GREGORIO

Alla prestigiosa rassegna c'era anche quel Mauro Masi (di RAI2) che nel suo tour dei vini d'Italia ha ritenuto la Campania non menzionabile come regione produttrice di vini d'eccellenza italiani.
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Messaggio Da Verci Lun Lug 27, 2015 11:32 pm

In effetti, caro Condor, non è che questi vini si vedano spesso nelle enoteche del nord o presso le grandi distribuzioni, dove a volte sono presenti sezioni  regionali discretamente fornite. Fra i diversi vini da te citati, m'è sicuramente accaduto di gustare una o due bottiglie di Aglianico, ma non del Taburno quanto, piuttosto, del Vulture in Basilicata. Cercherò di sondare con maggiore attenzione qualche enoteca vicentina o veronese, per trovare una bottiglia del Taburno, da bere alla tua salute.  Per Mamma Rai l’Irpinia dei vini non esiste  1326021764
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Messaggio Da Condor Mer Lug 29, 2015 1:02 am

Verci ha scritto:In effetti, caro Condor, non è che questi vini si vedano spesso nelle enoteche del nord o presso le grandi distribuzioni, dove a volte sono presenti sezioni  regionali discretamente fornite. Fra i diversi vini da te citati, m'è sicuramente accaduto di gustare una o due bottiglie di Aglianico, ma non del Taburno quanto, piuttosto, del Vulture in Basilicata. Cercherò di sondare con maggiore attenzione qualche enoteca vicentina o veronese, per trovare una bottiglia del Taburno, da bere alla tua salute.  Per Mamma Rai l’Irpinia dei vini non esiste  1326021764
Amico Verci,
sono a conoscenza di quanto riferisci in merito alla rara diffusione dei nostri vini campani nelle enoteche del Nord Italia. In effetti è più semplice trovare un Taurasi; una Falanghina; un Aglianico del Taburno; un Greco di Tufo o un Fiano, in una enoteca o in un ristorante di New York, Tokyo, Londra o Parigi che non a Vicenza o Verona.
Eppure la Campania non è mai stata assente sui palcoscenici delle premiazioni di rilievo per i vini prodotti. Ma allora qual è il motivo che ha indotto Marcello Masi a tenere fuori la regione Campania dal tour dei vini d'Italia, andato in onda su RAI2 qualche fa? Sarà forse per lo stesso motivo addotto dalle enoteche del Nord Italia nella scelta di non trattare i vini Campani? Stesso motivo che si potrebbe riscontrare nella scelta dei produttori irpini di dissociarsi dal padiglione della Campania nella 49esima manifestazione VinItaly di Verona, proponendo i loro vini nel padiglione Irpinia?
La risposta a tutte quelle domande è una sola: pregiudizio.
Pregiudizio verso una regione vista esclusivamente come Terra dei Fuochi, ignorando che la provincia di Brescia ha più discariche regolari e abusive disseminate sul proprio territorio che comuni, ignorando che sempre a Brescia arrivano rifiuti tossici perfino dall'Australia, ma sotto i riflettori c'è sempre e solamente la Terra dei Fuochi in Campania.
Pregiudizio verso i prodotti caseari campani visti come accumulatori di diossina (tutto falso), ignorando che nel formaggio emiliano è stata trovata un'altissima concentrazione delle cancerogene aflatossine:

http://food24.ilsole24ore.com/2013/12/la-mozzarella-di-bufala-campana-dop-e-super-sicura-parola-di-laboratorio-danalisi-tedesco/

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Latte-contaminato-da-aflatossina-sequestrate-2.440-forme-di-parmigiano-918761d1-edcd-4655-8960-6a8cde282566.html

Sono certo che da questo momento molti che mi leggeranno vedranno i prodotti campani con la giusta attenzione che meritano e senza alcun pregiudizio.
Ti ringrazio, amico Verci, per l'opportunità concessami nel mostrare la faccia della medaglia della Regione Campania da sempre nascosta all'opinione pubblica nazionale.


Ultima modifica di Condor il Dom Set 27, 2015 10:33 am - modificato 1 volta.
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Messaggio Da Condor Mer Lug 29, 2015 1:06 am

Per Mamma Rai l’Irpinia dei vini non esiste  Fiorduva
Furore Bianco Fiorduva

Premi conseguiti:
- "Oscar 2006" Migliore Bianco d'Italia
- "Tre Bicchieri" Gambero Rosso
- "Cinque Grappoli" AIS
- Medaglia d'oro Selezione del Sindaco, Città del Vino
- Medaglia d'argento Selezione del Sindaco, Città del Vino
- Medaglia d'oro Concorso Femmes et Vins du Monde, Francia
- Best of Class Award Limited Production, USA
- Menzione Speciale Concorso Enologico Internazionale, Vinitaly
- Gran Medaglia d’Oro Concorso Internazionale dei vini di montagna, Cervim
- "Top 100" Club di Papillon
- "Miglior vino bianco 2012", Premio Gusto Cortina Wine & Food Festival

Uve:
Fenile 30%, Ginestra 30%, Ripoli 40%

Zone e comuni di produzione:
Furore (SA) e comuni limitrofi

Caratteristiche organolettiche:
E' un vino dal colore giallo carico con riflessi oro. L'odore ricorda l'albicocca ed i fiori di ginestra, con richiami di frutta esotica. Al gusto è morbido, denso e caratterizzato da una importante persistenza aromatica di albicocca secca, uva passa e canditi.
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Messaggio Da Verci Mer Lug 29, 2015 6:22 pm

Caro Condor, purtroppo non posso che concordare in toto con il contenuto della tua risposta. E questo nonostante documentazioni recenti abbiano stabilito l'esiguità del territorio contaminato (il riferimento è alla Terra dei fuochi) rispetto al totale. La citata presenza di aflatossine nel parmigiano-reggiano mi sconvolge. Non ne sapevo assolutamente niente e mi chiedo come ciò sia possibile, sapendo che molte aflatossine sono fra i più potenti cancerogeni. Dato, questo, di per se stesso molto preoccupante. Sull'inquinamento minimizzato al nord non posso darti che ragione. Approfondirò l'argomento, ora la tavola mi richiama pesantemente all'ordine! :D
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Messaggio Da Condor Dom Set 27, 2015 10:26 am

Per Mamma Rai l’Irpinia dei vini non esiste  Falerno-del-massico-rosso

Falerno del Massiccio

Falerno a denominazione di Origine Controllata (Doc) e di Origine Protetta (Dop). il Falerno del Massico Dop raccoglie in chiave contemporanea l’eredità storica di quello che per molti versi può essere considerato la prima denominazione di tutti i tempi. Quel Falerno di cui si parla diffusamente nei testi di Tito Livio, Plinio, Strabone, Marziale, come vino estremamente ricercato e costoso nella Roma tardo repubblicana e imperiale, particolarmente adatto al lungo invecchiamento nelle selezioni più curate. In realtà Plinio il Vecchio distingueva tre tipi di Falerno: il Caucino (quello prodotto sulle sommità delle colline), il Faustiano (prodotto a mezza costa) e il Falerno (dai siti in pianura).
Erano comunque tipologie chiaramente molto diverse da quelle che possiamo esplorare oggi, sia perché i vini dell’antichità erano spesso addizionati con miele, spezie e talvolta acqua di mare (per allungare i tempi di conservazione), sia perché è difficile stabilire con esattezza quali fossero le varietà e i siti utilizzati per produrre Falerno.
Per quanto riguarda la zona di produzione, la piattaforma territoriale su cui si sviluppa la denominazione è in buona parte coincidente con l’Ager Falernus raccontato nei libri: Cellole, Sessa Aurunca, Carinola, Falciano del Massico, Mondragone. Cinque comuni alle pendici del Monte Massico, un’area delimitata a nord dal vulcano spento di Roccamonfina, ad ovest dal litorale domizio che collega Gaeta e Sinuessa (l’attuale Mondragone), e a sud dalla fertile piana di Terra di Lavoro.
Nec cellis ideo contende Falernis” perciò non gareggiare con il Falerno (Virgilio, Georgiche). Il vino più celebre della letteratura e della storia.
Il Falerno può essere prodotto nelle varietà rosso e bianco.
Il Falerno rosso nasce prevalentemente da uve di vitigni Primitivo con una percentuale di almeno l'85%. Possono concorrere alla produzione di detto vino le uve del vitigno Aglianico, Piedirosso e Barbera, da soli o congiuntamente, presenti nei vigneti fino a un massimo del 15% del totale. Il colore è di un rosso rubino, con riflessi neri e purpurei. Il profumo è delicato e caratterizzato da note di frutti a bacca nera ben maturi, con un leggero fondo speziato. Il sapore è pieno, morbido e corposo. si accompagna a primi piatti con sughi a base di carne, ed elaborati secondi di carne pregiata come selvaggina e carni bianche.
Il Falerno bianco è prodotto con uve da vitigni Falanghina, ha un colore giallo paglierino, un elegante profumo di frutta esotica ed un sapore morbido ed equilibrato. E’ caratterizzato da una elevata complessità aromatica che nel tempo evolve in note di miele e fiori bianchi. Si accompagna con antipasti e piatti marinari.
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Messaggio Da Condor Dom Set 27, 2015 10:29 am

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Gragnano

Il territorio dei Monti Lattari era già apprezzato e conosciuto nel V secolo per l'incanto del paesaggio e per la salubrità dei luoghi, per i suoi pascoli e per i prodotti della sua terra. La vite si è diffusa con la colonizzazione del territorio e ha contribuito al sorgere di nuclei abitati e alla formazione della comunità organizzata di Lettere e di Gragnano. Di tale comunità si ha notizia nel IX secolo e già nel secolo successivo la viticoltura doveva avere assunto una notevole importanza economica se nel 994 la cattedrale di Lettere, divenuta diocesi, veniva dedicata a S.Maria delle Vigne. Anche in questi luoghi, così come a Capri e sul Vesuvio, una spinta decisiva per la diffusione e la pratica della vitivinicoltura nel Medioevo fu data dagli istituti religiosi. Ed è di un religioso, il Vescovo di Lettere, il Monsignor Molinari, vissuto nel '600, l'espressione più entusiasta sul vino prodottovi: "Si vis vivere sanum, bibe Gragnanum".
Molto famosa nel novecento era la traffica di Gragnano, contrattazione per l'acquisto delle botti che i commercianti di Napoli città facevano nelle campagne di Gragnano. Dato che la vendemmia si effettua a metà ottobre, quando aveva luogo la traffica i vini ancora fermentavano e venivano serviti "frizzanti" una volta giunti nelle varie cantine napoletane.
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Messaggio Da Condor Dom Set 27, 2015 10:31 am

Per Mamma Rai l’Irpinia dei vini non esiste  Carcava-codadivolpe

Coda di Volpe

Il vitigno Coda di Volpe è un'antica varietà campana a bacca bianca, della quale esistono precisi riferimenti storici fin dall'epoca dell'antica Roma. Già Plinio il Vecchio aveva fatto menzione nel suo "Naturalis Historia" ad un vitigno "Cauda Vulpium" adatto all'allevamento a pergola. Il suo nome deriva dalla forma caratteristica del grappolo che ricorda appunto la coda della volpe. E' coltivato a Napoli ai piedi del Vesuvio, e nel Beneventano, sia nella zona del Sannio che del Taburno. Fino a qualche anno fa era considerato un vitigno minore e veniva utilizzato più che altro in uvaggio con altre varietà della zona. Vinificato in purezza e grazie all'impegno dei viticoltori Campani ha dimostrato invece di poter raggiungere livelli davvero interessanti.
Colore paglierino; gusto netto, pulito, lungo, deciso e asciutto con una evidente vivacità; profumo fresco con sentori di frutta; a 8-9°C accompagna minestre e piatti a base di pesce.
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Messaggio Da Condor Dom Set 27, 2015 10:37 am

Per Mamma Rai l’Irpinia dei vini non esiste  St_foto_bottiglia_Vigna_Girapoggio_-_rosato_(fronte)

Cilento Rosato

La zona di produzione del Cilento DOC interessa tutto o in parte il territorio collinare di cinquantaquattro comuni di una vasta area in provincia di Salerno. La zona è sede dello splendido Parco del Cilento (Patrimonio dell’Umanità per l’UNESCO), una zona dove viti e ulivi coronano un paesaggio fatto di colline, fiumi e incantevoli spiagge.
Vi si producono vini ricchi di storia, presenti già nel XV secolo alla mensa di papa Paolo II per il quale non vi era “pari bevanda la sera a tutto pasto”. La DOC Cilento comprende le tipologie Rosso, Rosato, Bianco e Aglianico.
Il Cilento Rosato DOC è ottenuto da uve dei vitigni Sangiovese (70-80%), Aglianico (10-15%), Primitivo o Piedirosso (10-15%), eventualmente completati con l’aggiunta di altri vitigni autorizzati (massimo 10%).
Colore: rosa più o meno intenso; odore: caratteristico dei vitigni da cui tra origine; sapore: armonico, fresco; abbinamenti: indicato con antipasti all’italiana, pasta asciutta, risotti, carni bianche e zuppe a base di pesce.
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Messaggio Da Condor Dom Set 27, 2015 10:38 am

Per Mamma Rai l’Irpinia dei vini non esiste  Piedirosso_pompeiano

PIEDIROSSO POMPEIANO I.G.T.

Antico vitigno a bacca rossa coltivato in Campania, il Piedirosso ha origini piuttosto incerte, sebbene alcuni ritengano che corrisponda al “Colombina” menzionato da Plinio. Localmente viene denominato “Pér e palummo”, il cui nome deriva dal colore che il trancio assume poco prima del periodo della vendemmia, rosso come quello del “piede” del colombo. Il Piedirosso Pompeiano è un vino dal gusto armonico e corposo, ottenuto con uve Piedirosso 100% coltivate sui declivi del Vesuvio. Di colore rosso rubino e profumo intenso e fruttato, ha un sapore che ricorda frutti rossi maturi e prugna, con lievi sentori di tabacco, caffè e spezie.Abbinamenti consigliati con il Piedirosso pompeiano I.G.T.: è ideale per accompagnare piatti forti, carni rosse e formaggi stagionati.
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Messaggio Da Condor Dom Set 27, 2015 10:40 am

Per Mamma Rai l’Irpinia dei vini non esiste  Naima

Aglianico Paestum I.G.T.

Il Naima è questa parte del Cilento: Paestum, un’interpretazione del suo territorio, nasce qui perché solo qui può nascere.
Il vino dal nome che evoca Coltrane non è un vino costruito, anzi rifiuta il controllo, perché è imbevuto della sua terra.
Il Naima si manifesta. E’ o non è, non c’è bisogno di un’analisi sensoriale per capirlo, si presenta e basta. Aspro e dolce allo stesso tempo, nella sua ricchezza appare di una semplicità assoluta.
Un vino dal “calor bianco”, il calore più accecante, il calore della fusione.
Il vino da risveglio o pietra filosofale, quella che, nel critico cammino di ricerca, prima o poi si deve incontrare. Un vino notturno, esperienza del limite, che marca il passaggio dalla luce all’oscurità, dove il divenire del tempo non è più sospeso, ma vive in un elastico legame del passato con il presente.

Vino dal bel colore rosso rubino, prodotto con uvaggio Aglianico 100%, si presenta come un vino ricco e carico, ideale da abbinare con piatti a base di carne o formaggi ben stagionati, comunque pietanze dai sapori forti che possano esaltare questo vino che riempie la bocca con un gusto pieno e rotondo. Con profumi che ricordano i frutti di bosco, ma anche con qualche sentore di caffè, cacao e vaniglia, è ottimo non solo a tavola ma anche per una degustazione fra amici o per scaldare una serata invernale come vino da meditazione.
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Messaggio Da Condor Dom Set 27, 2015 10:42 am

Per Mamma Rai l’Irpinia dei vini non esiste  Biancolella_tommasone_ok

Biancolella Ischia D.O.C.

Nell'isola di Ischia la vite fu introdotta dagli antichi greci e si diffuse talmente che i romani, successivamente, la denominarono Enaria, terra del vino. Nel '500, epoca in cui primeggiava il ''Greco'', ai vini dell'isola venivano attribuite virtù igieniche e terapeutiche. La tradizione vinicola dell'isola si è affermata nei secoli non senza travagli.
Con il tempo la produzione vinicola dell'isola ha conservato il suo prestigio e i vini compresi in questa Doc sono attualmente Bianco, Bianco spumante, Rosso, Biancolella, Forastera, Per 'e Palummo, Pér 'e Palummo Passito. Sono tutti vitigni rigorosamente autoctoni, alcuni dei quali presenti solo nell'isola, a dimostrazione della tipicità e dell'originalità delle produzioni.

Biancolella un grande classico del vino italiano che prevede un contatto prolungato sui lieviti dopo la fermentazione e bȃtonnage.
Giallo paglierino luminoso, con riflessi verdognoli, armonico, il profumo è elegante e fruttato, con nota tipica di frutta matura. Al palato si presenta morbido, ben strutturato e il finale è caratterizzato dal sentore di pesche mature, proprio del vitigno.Si abbina bene con pietanze di pesce e primi piatti tipici della cucina mediterranea. Ottimo anche come aperitivo.
Il Biancolella va servito in calici di media capacità a tulipano svasato alla temperatura di 8-10°C e si accompagna a timballi alla marinara, calamari in umido, fritture di pesce e formaggi come caciocavallo e mozzarella di bufala campana.
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Messaggio Da Condor Dom Set 27, 2015 10:44 am

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Pallagrello Nero IGP terre del Volturno

Il Pallagrello è un vitigno raro: dalla bacca sia rossa che bianca, dal grappolo minuto e raccolto, dal passato regale e dal sapore inconfondibile. Originario della zona IGP Terre del Voltuno, deve il nome ai suoi acini simili a piccole palle: la gente del luogo lo ha chiamato per secoli ‘u pallarell.
Forse portato dai Greci e probabilmente noto ai Romani, qualcuno lo identifica con l’antica uva Pilleolata. Il momento di maggior splendore fu l’inizio dell’Ottocento, quando Ferdinando IV di Borbone lo fece impiantare nella sua Vigna del Ventaglio, sdraiata ai piedi del monte S. Leucio e divisa in 10 spicchi uguali.
Chiamato allora Pedimonte Bianco e Pedimonte Rosso, gli furono dedicati due spicchi della vigna. Fu piantato anche in altri appezzamenti del re, dove il passaggio era severamente vietato, e fu sempre presente alla tavola dei Borbone. Per questo divenne famoso come “Vino del Re”.
Dopo due secoli di abbandono, solo recentemente il Pallagrello è stato riscoperto e inserito nel Registro Nazionale delle varietà di viti.

Il Pallagrello nero è un vino importante di grande struttura dal colore rubino intenso. Il profilo aromatico si caratterizza essenzialmente da note di frutti rossi, tabacco, confettura di more, al gusto è armonico, morbidamente vellutato, la persistenza aromatica è lunghissima e sfuma lentamente.
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Messaggio Da Condor Dom Set 27, 2015 10:46 am

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Caprettone Pompeiano I.G.T.

Come in tanti casi di vitigni, il nome ricorda un animale, l'etimologia del nome Caprettone potrebbe far pensare alla forma del grappolo che ricorda la barbetta della capra, oppure al fatto che i suoi primi coltivatori fossero pastori. Il Caprettone è stato a lungo identificato con la più nota Coda di Volpe Bianca, che qualche ampelografo voleva fosse un semplice biotipo. Gli ultimi studi, che hanno evidenziato notevoli differenze morfologiche e genetiche tra le due varietà, sembrano avere definitivamente allontanato questa ipotesi di parentela. Anche se nella famosa ampelografia napoletana Delle varietà dè Vitigni del Vesuvio e del Somma - di Semmola (1848) - non vi è alcuna citazione del Caprettone, qualcuna delle descrizioni di varietà riportata con altri nomi ad esempo i Uva Rosa e Catalanesca, lasciano intendere che ci fossero caratteri molto simili.
Oggi il vitigno, di cui non si conoscono i sinonimi, è presente esclusivamente nel territorio dei 15 comuni ubicati sulle pendici del Vesuvio, in provincia di Napoli, che vanno da Torre del Greco a Terzigno. Rientra in piccole percentuali nell'assemblaggio della Doc Lacryma Cristi del Vesuvio Bianco.
Si tratta di un vitigno molto vigoroso che necessita di potatura lunga. La vendemmia avviene nella seconda metà di settembre, i grappoli piccoli cilindrici e raramente alati, hanno buona resistenza alla botrytis, grazie soprattutto alla scarsa compattezza.

Affiancata alla produzione I.G.T. di questo vino, effettuata sulla base dell'omonimo disciplinare, esiste ancora anche una tradizione produttiva contadina, che genera un vino artigianale, caratteristico, di buona gradazione alcolica, dal colore brillante giallo dorato, dall'odore vinoso con leggero e gradevole aroma. Nel primo anno di vita si rivela leggermente dolce ma, invecchiato, assume un sapore asciutto e ricco di corpo.
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