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La morale nasce dal basso, parola di bonobo

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Messaggio Da Verci Mar Dic 24, 2013 8:25 am

Si chiama “teoria della vernice” e ha avuto molta fortuna. È l’idea che la morale umana sia come una sottile ed evanescente pellicola superficiale che copre il nocciolo, profondamente amorale, della natura. L’etica sarebbe cioè un comportamento che si oppone al naturale andamento delle cose, frutto di principi astratti che nulla hanno a che vedere con l’evoluzione biologica della nostra specie. Aveva accarezzato una prospettiva simile persino un darwiniano al di sopra di ogni sospetto, Thomas H. Huxley, inventando la celebre metafora del giardino vittoriano. La moralità è come un parco ben curato – scrisse - protetto da una cinta muraria che lo separa dalla giungla là fuori, regno della guerra senza quartiere, della lotta per la sopravvivenza, dell’indifferenza morale e persino dell’immoralità. L’etica, insomma, come resistenza all’insensato processo cosmico, come orgogliosa disobbedienza agli imperativi darwiniani.

Il primatologo Frans de Waal non condivide per nulla questa impostazione e da anni cerca di confutarla. I mattoni fondamentali della morale si trovano all’interno della natura umana evoluta, non in superficie, sostiene. L’etica scaturisce dal basso, da potenzialità insite nella nostra storia naturale. Questa moralità “bottom-up” si basa sulle emozioni ed emerge dalle nostre competenze nelle interazioni sociali: non è imposta dall’alto attraverso principi astratti e universali, siano essi riferiti all’occhio di un dio o a un’apollinea razionalità umana. In Il bonobo e l’ateo l’etologo della Emory University di Atlanta va alla ricerca di “umanità fra i primati”, ma senza tentazioni antropomorfiche. Riassume le evidenze più recenti sui comportamenti pro-sociali (cooperazione, risoluzione dei conflitti, altruismo) negli animali a noi più strettamente imparentati. Lo fa con la solita chiarezza e con la scrittura che lo hanno reso uno dei più importanti saggisti al mondo. Il lettore scoprirà così tutte le raffinatezze, a lungo sottovalutate, della socievolezza nei primati: atti altruistici spontanei, solidarietà sociale, gratitudine, reciprocità, altruismo, empatia, compassione, amicizia, persino un senso embrionale di giustizia nel rifiutare lo scambio iniquo. In questi comportamenti de Waal riconosce le basi etologiche della moralità umana, cioè la piattaforma evolutiva dei sentimenti e delle intuizioni morali che a loro volta condizionano i giudizi morali.

Fare del bene fa sentire bene e attive le aree della remunerazione, ma in ultima analisi restiamo scimmie contraddittorie, oltre che imprevedibili. Esistono quindi nel mondo animale anche inibizioni, regolazioni degli impulsi, gerarchie sociali, sistemi di controllo, tabù, punizioni e vergogne. Da qui i presupposti delle norme sociali: empatia e paura di ritorsioni. Ma allora in che cosa consiste l’unicità umana? Secondo de Waal, sta nell’estensione inedita di queste potenzialità già presenti, nella loro cooptazione in contesti ecologici e sociali nuovi. In particolare, i primati non umani hanno una moralità individuale, diretta, emotiva. Noi invece concepiamo, in più, l’idea generale di equità, abbiamo cioè un concetto di comunità, estendiamo il nostro gruppo fino a includere (ancorché soltanto da alcuni decenni) l’intera specie umana come soggetto di diritti inalienabili. Ma soprattutto, lo scimpanzé non è un “essere morale” nel senso che non ha un giudizio morale argomentato attraverso ragioni astratte, non discute di valutazioni sul bene e sul male di comportamenti e azioni che non lo riguardano direttamente, non ha valutazioni sulla naturalità o meno di un comportamento sessuale. Del resto, perché dovrebbe?

E noi, perché dovremmo? Non perché ce lo chiede una divinità, sostiene de Waal. Le regole morali e le norme sociali precedono infatti di molto le credenze religiose nella storia evolutiva umana. La religione si è innestata a posteriori nella nostra spiccata socialità di gruppo e l’ha rafforzata, divenendo un fenomeno umano universale e ineluttabile (inutile quindi, per de Waal, ogni forma di ateismo militante). Il punto è che non sarebbe possibile elaborare un principio astratto di solidarietà se non avessimo già al nostro interno una propensione sociale: le condizioni di possibilità di quel giudizio morale vengono dal basso. Poi ci aggiungiamo del nostro, perché l’evoluzione è continuità ma anche innovazione: il rossore, per esempio, è tipicamente umano, un peculiare sistema di segnalazione della nostra consapevolezza della violazione di una norma. Non siamo quindi né buoni per natura, né cattivi per natura: siamo ambivalenti per natura e in questa ambiguità possiamo costruire sistemi morali facendo leva sul nostro equipaggiamento di comportamenti pro-sociali e di acquisizioni culturali. L’evoluzione ci dà infatti le condizioni di possibilità della morale, non i suoi contenuti specifici. Da valori etici fondati sulla natura, sulla ragione e sull’argomentazione potrebbe nascere, conclude de Waal, un umanesimo non religioso, ma non anti-religioso, che favorisca la costruzione di una società migliore basata su capacità umane evolutesi naturalmente.

Telmo Pievani

Frans de Waal, Il bonobo e l’ateo. In cerca di umanità fra i primati, Milano, Raffaello Cortina, 2013.
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Messaggio Da Condor Mer Gen 15, 2014 12:25 am

Interessante è leggere cosa scriveva Pitagora in riferimento al concetto di anima, tratto da “Vite dei filosofi” di Diogene Laerzio.

Quanto poi all'anima dell'uomo, questa si trova ad essere divisa in tre parti, mente (nous), intelletto (phrenes) e animo passionale (thymos). Ora, la mente e l'animo passionale sono anche in tutti gli altri esseri viventi, ma l'intelletto solo nell'uomo. Il dominio dell'anima si estende dal cuore fino al cervello; e la parte di essa che è nel cuore è l'animo passionale, mentre le parti che hanno sede nel cervello sono la mente e l'intelletto. Le sensazioni sono stille che emanano da queste parti. La ragione (phronimon) è immortale, mentre le altre due parti dell'anima sono mortali. L'anima è alimentata dal sangue; le facoltà dell' anima sono soffi di vento. L'anima e le sue facoltà sono invisibili, perché anche l'etere è invisibile.
31. I legami dell'anima sono le vene, le arterie e i nervi; ma quando prende vigore e, isolatasi in se stessa, si trova in uno stato di quiete, allora, i suoi legami sono i pensieri e le azioni. Quando l'anima si trova ad essere sbalzata sulla terra, vaga nell'aria, consimile al corpo. Ermes è il ministro delle anime e per questo è detto Accompagnatore, Custode e Ctònio, perché avvia le anime fuori dai corpi, che provengono sia dalla terra che dal mare; e le anime pure sono condotte nel più alto dei luoghi celesti, mentre le impure non si avvicinano le une alle altre, né si accostano alle pure, ma vengono legate dalle Erinni in vincoli indistruttibili.

32.Tutta l'aria è piena di anime, ed esse sono ritenute demoni ed eroi, dai quali i sogni, i segni e le malattie sono inviati agli uomini, e non solo ad essi, ma anche alle greggi e a tutte le altre bestie. Per i demoni e agli eroi si praticano le cerimonie di purificazione, i riti apotropaici, ogni specie di divinazione, i presagi e simili.
La cosa più importante, tra quante sono date agli uomini, è persuadere l'anima al bene piuttosto che al male. Gli uomini sono fortunati quando si unisce loro un'anima buona, ma non hanno mai quiete né riescono a controllare la medesima corrente.


Mettere in relazione il concetto filosofico di anima secondo Pitagora, quale elemento non tangibile della natura umana e che attraverso i sentimenti, le emozioni, le sensazioni se ne deduce l'esistenza, e gli studi di de Wall sui mattoni fondamentali della morale, sarebbe cosa interessante ed entusiasmante quanto audace.

L'anima: un elaborato di energia intelligente in continua evoluzione che racchiude gli algoritmi della ragione, da cui scaturisce quell'etica che viene dal basso, e che pertanto non è esclusiva prerogativa della specie umana, ma di qualunque essere vivente reso complesso dal grado stesso di evoluzione.
Questa è stata la conclusione cui sono addivenuto dopo un lungo periodo di introspezione, durante gli studi universitari che mi hanno immerso in un'analisi diretta delle relazioni che intercorrono tra materia ed energia, elementi fondamentali della vita sul nostro pianeta.
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