Meeting Sud-Europa ad Atene e Consiglio Europeo di Bratislava
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Meeting Sud-Europa ad Atene e Consiglio Europeo di Bratislava
In merito al summit dei paesi "mediterranei" dell'UE svoltosi pochi giorni fa ad Atene e all'imminente Consiglio Europeo di Bratislava – è slovacca l'attuale presidenza semestrale dell'UE – trascrivo due articoli di oggi, domenica 11 settembre 2016
a) Il Messaggero, 11/09/2016
Europa al bivio
Fra le astuzie britanniche e la miopia tedesca
di Romano Prodi
Dopo un breve periodo di sonno estivo la politica europea si è messa a
correre. Venerdì scorso i responsabili dei Paesi del sud Europa si sono
riuniti ad Atene per chiedere più flessibilità e quindi maggiore
possibilità di crescita. Un incontro che avrebbe dovuto avvenire anni
fa ma che non era mai avvenuto. Il fatto importante è che venerdì ad
Atene, insieme ai "poveracci" del Sud, vi erano anche i francesi. Forse
per questo motivo la reazione tedesca è stata di una violenza
inusitata, con espressioni quasi minacciose da parte del capogruppo
della Cdu Weber e del ministro dell'economia Shaeuble.
Essi hanno subito ribadito che di flessibilità ne hanno già concessa
abbastanza e che le regole vanno rispettate, dimenticando il danno del
mostruoso surplus commerciale tedesco che, da anni al di sopra di ogni
regola comunitaria, rende molto più difficile la capacità di ripresa
degli altri Paesi. Non si apre quindi bene la settimana europea che
vede domani, come primo round, l'audizione di fronte al Parlamento
Europeo del rappresentante inglese per discutere della Brexit. Quanto
gli inglesi valutino quest'incontro è dato dal fatto che di fronte al
Parlamento non arriverà il Primo Ministro Britannico ma un funzionario
di grado non primario, a dimostrare che la strategia inglese è quella
di tirare in lungo fino all'infinito le trattative, sfiancando i già
divisi partner europei. E portando avanti per proprio conto una serie
di politiche (come gli accordi commerciali con Australia e Corea) che
sono riservate esclusivamente alla competenza dell'Unione Europea. Per
anni avremo quindi la Gran Bretagna dentro e fuori dall'Unione a
seconda di quello che le conviene, valendosi di un formalismo giuridico
che diviene forte per effetto delle divisioni tra i membri dell'Ue.
Come ha vigorosamente sostenuto la parlamentare europea Sylvie Goulard,
questo modo di procedere è incompatibile con qualsiasi interpretazione
dell'interesse comune. Il vero problema è che si è perso l'interesse
comune.
Per tutti questi motivi attendiamo con una certa attenzione la
conferenza stampa che il Presidente della Commissione Juncker farà
martedì. Le indiscrezioni hanno infatti sussurrato che Juncker proporrà
di togliere dal patto di stabilità una serie di spese nel settore della
ricerca e degli investimenti. Se questo avvenisse la reazione tedesca
dovrebbe essere ancora più forte di quella manifestata nei confronti
dell'incontro di Atene e metterebbe in rilievo una divisione formale e
sostanziale fra i Paesi del Sud (in questo caso con l'appoggio della
Commissione) e la Germania che, insieme all'Olanda e alla Svezia, guida
la politica di austerità che sta soffocando l'Europa.
Di questo e del Brexit si dovrà quindi discutere venerdì prossimo nel
momento-clou della settimana europea, al vertice del Consiglio di
Bratislava. Anche se a tutt'oggi non si dispone ancora di un'agenda di
quest'incontro di cui tutti parlano da mesi, credo che sia inevitabile
che ci si debba almeno confrontare su due punti.
Il primo è se si può andare avanti per tre o quattro anni a discutere
su come la Gran Bretagna dovrà uscire dall'Unione, con il Primo
Ministro Britannico che, mentre ripete che Brexit significa Brexit, si
rifiuta di cominciare i negoziati prima del prossimo anno e, intanto,
agisce come se la Gran Bretagna fosse già fuori dall'Unione. Possiamo
andare avanti tre o quattro anni con quest'asimmetria? Non è l'ora di
elaborare una dottrina generale per tutti i Paesi che, pur non essendo
membri dell'Unione, hanno con noi rapporti stretti ed amichevoli? E
quindi in primo luogo con la Gran Bretagna, ma senza pensare che essa
possa essere nello stesso tempo dentro e fuori dall'Unione Europea!
In secondo luogo a Bratislava, anche in conseguenza della riunione dei
Paesi del Sud Europa, non si potrà ancora rimandare il necessario
chiarimento sulla politica economica europea. Finora si è lasciato il
compito di salvare il salvabile alla Banca Centrale Europea. Essa ha
svolto il suo lavoro in modo egregio ma è ormai chiaro che la Bce è in
grado di costruire dei paracadute ma non degli aeroplani. Tuttavia,
senza una nuova politica, l'Europa non volerà mai.
Qui non si tratta solo di formalismi giuridici ma di decidere se può
essere nell'interesse generale che l'Europa continui ad essere il
fanalino di coda dell'economia mondiale mentre la Germania conserva da
anni un surplus della bilancia commerciale di oltre 300 miliardi di
euro. Un attivo che si avvicina ormai all'intero Prodotto Nazionale di
un Paese come il Belgio, e si accompagna ad un surplus del bilancio
statale di oltre 27 miliardi, pur non essendo la Germania gravata da
alcun problema di debito.
So benissimo che la Germania si può permettere questo in conseguenza
delle sue virtù e non dei suoi vizi ma chi pretende di esercitare la
leadership in Europa deve rendersi responsabile dell'interesse generale
e non solo degli umori del proprio elettorato. Credo perciò che le
parole di disprezzo pronunciate dai leader tedeschi siano frutto del
fatto che essi non erano ad Atene a vedere direttamente come è stato
ridotto alla miseria un Paese che ha perso oltre un quarto del proprio
reddito. Eppure bastava che avessero fatto il percorso dall'aeroporto
di Atene fino al centro della città, dove tutto è in vendita e nessuno
è in grado di comperare. E tutti sanno che sarebbero bastati due soldi
e un poco di saggezza per evitare un danno che si ripercuote su tutti
noi e che traccia un'ombra sul futuro dell'intera Europa, Germania
compresa. A Bratislava sarà quindi opportuno riflettere anche sul fatto
che non vi può essere leadership senza saggezza.
b) La Stampa, 11 settembre 2016
Vorremmo l'Italia e l'Europa con l'elmo di Scipio
Tutti noi auspichiamo l'avverarsi del sogno di Altiero Spinelli e dei suoi compagni di Ventotene
di Eugenio Scalfari
A Bratislava si sono incontrati i ministri delle Finanze dell'Ue per
fare il punto sulla situazione economica dell'Unione di 27 Paesi. Ma ai
margini di quella riunione il ministro tedesco Wolfgang Schäuble ha
lanciato un violento attacco contro la Grecia e contro la riunione che
il premier greco Tsipras ha avuto con Renzi e Hollande. La rabbia di
Schäuble era di tale intensità da mettere in ombra il dibattito
sull'economia europea perché rappresentava una politica di rigore e di
austerità della Germania in una fase in cui l'Unione europea dovrebbe
adottare una politica di crescita la più accentuata possibile.
La Germania ha dunque cambiato la linea accettata dalla cancelliera
Merkel appena tre settimane fa nell'incontro con Renzi e Hollande a
Ventotene e poi a Maranello? Lì sembrò che la Merkel accettasse non
solo un rilancio degli investimenti ma anche della domanda dei
consumatori, dei lavoratori e delle imprese ed accettasse anche un
patto delle potenze mediterranee per governare al meglio le politiche
delle immigrazioni: una sorta di cintura mediterranea che avrebbe fatto
anche gli interessi della Germania contenendo le correnti migratorie
provenienti dal mare e in particolare dalla Libia.
Insomma a Bratislava Schäuble ha ignorato e anzi addirittura capovolto
le posizioni della Merkel e la cancelliera da Berlino ha taciuto. Forse
è la sconfitta inattesa alle elezioni amministrative di Meclemburgo-
Pomerania che suggerisce alla Merkel un radicale cambiamento di linea?
A Bratislava era presente anche Draghi perché l'Ecofin riguarda
direttamente anche la Banca centrale europea. Il suo intervento è stato
molto sintetico ma ha toccato un tasto di grande importanza: la
Germania attraversa un periodo in cui le sue esportazioni hanno
raggiunto un livello mai toccato prima. "Sarebbe ora - ha detto Draghi
- che accrescessero molto nella propria economia gli investimenti e il
livello dei salari, come del resto le regole dell'Ue prescrivono". Non
è certo una battuta spiritosa il rimprovero del presidente della Bce al
governo tedesco.
***
Visto che Draghi è entrato nel nostro racconto di quanto sta accadendo
in Europa, penso sia opportuno esaminare la politica della Banca
centrale in questi mesi estivi, dove tutti vanno in vacanza almeno per
qualche giorno salvo lui che lavora senza soste e dorme non più di due
notti di seguito nello stesso letto. È in moto continuo, soprattutto in
Europa ma anche in Usa, in Asia, in Australia, in Canada, in Egitto,
insomma dovunque. Le monete si muovono e lui come le monete di cui ne
governa una che ha rapporti di cambio e di scambio con tutte le altre.
Personalmente sono buon amico di Mario; conobbi anche suo padre Carlo
quando lavorai nella Banca nazionale del lavoro della quale suo padre
fu anche presidente.
Tra noi però, per tacita convenzione, non parliamo mai del suo lavoro
che io seguo da giornalista con le usuali fonti di informazione.
So, come tutti sanno, che Draghi ha sostenuto e sostiene in tutti i
modi che lo statuto della banca gli consente la moneta comune dei 19
Paesi europei che compongono quella che si chiama Eurozona. L'euro. È
lo strumento che usa con un intento che non è soltanto economico ma
anche di politica economica.
In Italia i nostri governatori furono tutti di questa taglia: Luigi
Einaudi, Donato Menichella, Paolo Baffi, Guido Carli, Carlo Azeglio
Ciampi. Draghi è della stessa specie, mentre in altri Paesi europei
quasi sempre i governatori della banca centrale sono soltanto
efficienti esecutori della politica economica stabilita dal governo.
Quando ci saranno (se mai ci saranno) gli Stati Uniti d'Europa, anche
la posizione del capo della Banca centrale cambierà; ma Draghi auspica
gli Stati Uniti d'Europa. Anzi - posso dirlo perché lo conosco molto
bene - è interessato al bene pubblico dell'Europa e non al proprio.
Tutto ciò premesso, il nostro banchiere centrale è per la crescita
delle economie dell'Europa. Sta immettendo da mesi liquidità nel
sistema, acquista obbligazioni emesse da aziende private con una mole
di acquisti che ormai hanno una mole di miliardi di euro. Finanzia le
banche europee che ne hanno bisogno ma mette tassi negativi sui loro
depositi presso la Bce per incoraggiare i flussi di credito dei nostri
banchieri verso i loro clienti privati che meritano credito per
investire.
L'economia italiana sta attraversando da tempo una fase di immobilismo.
Il Pil degli altri Paesi è in aumento, ma quello italiano no, è fermo
da almeno un anno ed oggi questa mancata crescita è uno dei motivi di
rabbia psicologica d'una massa di italiani che trasformano le loro
difficoltà economiche in rabbia politica.
Draghi non privilegia l'Italia, tratta tutti i Paesi di Eurolandia così
come le loro economie richiedono. Ma non credo sia molto soddisfatto
della politica economica del nostro governo. Ha apprezzato la
convergenza di Renzi sulla proposta che fece lui alcuni mesi prima di
un ministro delle Finanze unico dell'Eurozona. Ha apprezzato alcuni
interventi di Padoan, ma constata l'immobilità del Pil e quel che ne
consegue economicamente e socialmente.
Io non so cosa pensi in concreto che l'Italia debba fare. Ma poiché a
questi problemi penso anch'io, la mia proposta a Renzi ed a Padoan è
questa: un taglio se non totale almeno della metà del cosiddetto cuneo
fiscale.
Il cuneo fiscale è il nome che si dà all'ammontare dei contributi che
imprenditori e dipendenti versano all'Inps. Pesa molto su tutte e due
queste categorie e produce una notevole differenza tra salari e
profitti lordi e salari e profitti netti. Il taglio di almeno la metà
di tale contribuzione produrrebbe un aumento dei salari e dei profitti.
Un aumento tale da stimolare la domanda dei lavoratori e di profitti
degli imprenditori. Nel complesso, secondo me, è questo il vero
strumento per rimettere in moto il sistema. Romano Prodi fece qualche
cosa di simile con il suo primo governo, ma il taglio fu del 3 per
cento, eppure qualche beneficio lo produsse. Qui parliamo non del 3 ma
del 50 del cuneo fiscale: secondo me una rivoluzione.
Naturalmente a carico dell'Inps che ha alcune risorse proprie ma
certamente insufficienti a sostenere un taglio dei contributi di queste
dimensioni, fermi restando i servizi di vario tipo che l'Inps deve
continuare a fornire anche di fronte al taglio dei contributi.
A questo punto l'Inps chiederà l'appoggio del governo il quale a sua
volta dovrà aiutare l'Inps finanziandosi su tutti i contribuenti,
fiscalizzando cioè il taglio dei contributi e addebitandolo a tutti i
contribuenti in ragione del loro reddito. Una vera e propria
fiscalizzazione degli oneri sociali.
Questa è la proposta. Ignoro che cosa ne pensi Draghi ma per quel che
lo conosco forse approverebbe. Se mi sbaglio mi dispiace ma la proposta
che faccio a Renzi e a Padoan per quel che vale (e credo che valga
molto) è questa.
***
Torniamo a Renzi e al suo accordo con Francia e Grecia che sarà esteso
a Malta, Spagna, Portogallo.
È un accordo che punta su una politica europea di crescita, sul
rafforzamento delle strutture europee, su una politica di contenimento
dell'immigrazione, un contenimento attivo che trattenga i migranti nei
Paesi d'origine negoziando con quei governi e puntando su una
riaccoglienza dignitosa e alla creazione di nuovi posti di lavoro da
parte di investitori esteri privati e pubblici.
Questa è la politica estera ed economica come la vedono i Paesi
dell'alleanza mediterranea. E la Germania si opporrebbe? È impensabile
che questo accada, anche perché una politica del genere comporta costi
non indifferenti che spetta all'Ue di finanziare.
Tutti noi che auspichiamo l'avverarsi del sogno di Altiero Spinelli e
dei suoi compagni di Ventotene, e Renzi, ma anche la Merkel, dovrebbero
essere d'accordo su questa politica. Renzi lo è, anzi la promuove, ma
l'Eurolandia al completo dovrebbe appoggiarla. Così come dovrebbe
appoggiare una politica di sostegno del governo libico nella lotta
contro il Califfato in Libia, in Iraq, in Siria, col pieno accordo
degli Usa. Speriamo che Hillary Clinton, se vincerà, sia sulla stessa
linea del suo predecessore.
La politica militare, comunque, è ormai diventata un'incombenza che
l'Ue non può più ignorare. Renzi e il nostro ministro degli Esteri
Gentiloni con la sua collega della Difesa, l'hanno già proposto: difesa
e politica estera sono ormai un compito dell'Ue che va al più presto
realizzato. Sarebbe un passo decisivo verso il traguardo di Spinelli.
La Germania non è soltanto il Paese economicamente più forte d'Europa,
ma dovrebbe porsi il problema ormai centrale: guidare l'Europa verso
l'unità federale oppure restare in questo stato d'incertezza
neutralista?
Capisco che la Merkel abbia il peso delle elezioni tra pochi mesi, ma
non sarebbe una carta per lei vincente presentarsi con la bandiera di
Ventotene in mano?
***
Il ruolo europeo che Renzi ha conquistato è, come abbiamo visto, di
grande peso e importanza. Ma poi c'è l'Italia e i problemi politici che
comporta e qui la faccenda è particolarmente ingarbugliata. Ne abbiamo
scritto più volte ma merita un aggiornamento.
Grillo: una catastrofe. Non per il Paese ma per il suo movimento. Che
non ha mai attirato chi ha consapevolezza del bene comune. Promette un
futuro luminoso ma non ha mai detto che luce avrà e quale panorama
illuminerà. Ha detto però che per volere quella luce e il panorama
illuminato bisogna prima distruggere tutto. E purtroppo per molti
italiani questo programma distruttivo corrisponde alla loro rabbia.
È un fenomeno cominciato dalle elezioni europee che furono il trionfo
di Renzi ma l'inizio di un astensionismo di massa mai visto prima. Nel
seme di quell'astensionismo nacque il grillismo: un modo di astenersi
votando. Poi: un modo di distruggere tutto, tutto vuotando.
Questo è il grillismo, riflette la rabbia di molti italiani. Giovani
senza futuro, lavoratori precari, insegnanti frustrati, immigrati
detestati, Europa obliata, moneta comune che non ci regala niente e che
quindi non vale la pena di difendere. Questo è il grillismo.
Ora s'è visto che quanto meno è come gli altri se non peggio. La crisi
c'è ed è tutt'altro che terminata, i sondaggi la riflettono con la
diminuzione dei voti, ma non di molto. La situazione politicamente
tripolare c'è ancora con tutti i guai e con tutti i pericoli che
comporta.
Renzi comunque sembra aver capito che un "no" vittorioso al referendum
lo renderebbe debolissimo in Parlamento. Ha capito che deve cambiare
profondamente la legge elettorale. Ha capito che il ballottaggio è un
pericolo tuttora grave, anche con un Grillo più debole.
Il "sì" referendario lo rinforzerebbe ma non è un obiettivo facile.
Deve trasformare la legge elettorale. Deve accettare le sue
caratteristiche di sinistra democratica e allearsi con formazioni di
centro liberale. Deve combattere per uno sblocco economico e fiscale.
Se gioca bene queste carte la rabbia sociale diminuirà. Deve togliersi
gli abiti da rottamatore e indossare quelli del nuovo costruttore. Deve
studiare la storia politica di Alcide De Gasperi, di Aldo Moro, di
Enrico Berlinguer.
Se capirà bene quello che legge e che alcuni di noi hanno vissuto potrà
raggiungere una popolarità responsabile del popolo che è sovrano quando
pensa e quando sa.
Abbiamo ieri pubblicato un'intervista a Giorgio Napolitano del
direttore del nostro giornale. Napolitano ha fatto un'ampia indagine
dell'Italia moderna, dei suoi guai e anche delle sue virtù. È per il
"sì" referendario ma è anche per un necessario mutamento della legge
elettorale. Lui fa parte dei personaggi che ho prima ricordato. Ci
conosciamo bene Giorgio ed io. Lui era liberal-comunista ed io liberal-
socialista. Adesso siamo tutt'e due liberal-democratici e vorremmo un
governo che lo fosse.
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a) Il Messaggero, 11/09/2016
Europa al bivio
Fra le astuzie britanniche e la miopia tedesca
di Romano Prodi
Dopo un breve periodo di sonno estivo la politica europea si è messa a
correre. Venerdì scorso i responsabili dei Paesi del sud Europa si sono
riuniti ad Atene per chiedere più flessibilità e quindi maggiore
possibilità di crescita. Un incontro che avrebbe dovuto avvenire anni
fa ma che non era mai avvenuto. Il fatto importante è che venerdì ad
Atene, insieme ai "poveracci" del Sud, vi erano anche i francesi. Forse
per questo motivo la reazione tedesca è stata di una violenza
inusitata, con espressioni quasi minacciose da parte del capogruppo
della Cdu Weber e del ministro dell'economia Shaeuble.
Essi hanno subito ribadito che di flessibilità ne hanno già concessa
abbastanza e che le regole vanno rispettate, dimenticando il danno del
mostruoso surplus commerciale tedesco che, da anni al di sopra di ogni
regola comunitaria, rende molto più difficile la capacità di ripresa
degli altri Paesi. Non si apre quindi bene la settimana europea che
vede domani, come primo round, l'audizione di fronte al Parlamento
Europeo del rappresentante inglese per discutere della Brexit. Quanto
gli inglesi valutino quest'incontro è dato dal fatto che di fronte al
Parlamento non arriverà il Primo Ministro Britannico ma un funzionario
di grado non primario, a dimostrare che la strategia inglese è quella
di tirare in lungo fino all'infinito le trattative, sfiancando i già
divisi partner europei. E portando avanti per proprio conto una serie
di politiche (come gli accordi commerciali con Australia e Corea) che
sono riservate esclusivamente alla competenza dell'Unione Europea. Per
anni avremo quindi la Gran Bretagna dentro e fuori dall'Unione a
seconda di quello che le conviene, valendosi di un formalismo giuridico
che diviene forte per effetto delle divisioni tra i membri dell'Ue.
Come ha vigorosamente sostenuto la parlamentare europea Sylvie Goulard,
questo modo di procedere è incompatibile con qualsiasi interpretazione
dell'interesse comune. Il vero problema è che si è perso l'interesse
comune.
Per tutti questi motivi attendiamo con una certa attenzione la
conferenza stampa che il Presidente della Commissione Juncker farà
martedì. Le indiscrezioni hanno infatti sussurrato che Juncker proporrà
di togliere dal patto di stabilità una serie di spese nel settore della
ricerca e degli investimenti. Se questo avvenisse la reazione tedesca
dovrebbe essere ancora più forte di quella manifestata nei confronti
dell'incontro di Atene e metterebbe in rilievo una divisione formale e
sostanziale fra i Paesi del Sud (in questo caso con l'appoggio della
Commissione) e la Germania che, insieme all'Olanda e alla Svezia, guida
la politica di austerità che sta soffocando l'Europa.
Di questo e del Brexit si dovrà quindi discutere venerdì prossimo nel
momento-clou della settimana europea, al vertice del Consiglio di
Bratislava. Anche se a tutt'oggi non si dispone ancora di un'agenda di
quest'incontro di cui tutti parlano da mesi, credo che sia inevitabile
che ci si debba almeno confrontare su due punti.
Il primo è se si può andare avanti per tre o quattro anni a discutere
su come la Gran Bretagna dovrà uscire dall'Unione, con il Primo
Ministro Britannico che, mentre ripete che Brexit significa Brexit, si
rifiuta di cominciare i negoziati prima del prossimo anno e, intanto,
agisce come se la Gran Bretagna fosse già fuori dall'Unione. Possiamo
andare avanti tre o quattro anni con quest'asimmetria? Non è l'ora di
elaborare una dottrina generale per tutti i Paesi che, pur non essendo
membri dell'Unione, hanno con noi rapporti stretti ed amichevoli? E
quindi in primo luogo con la Gran Bretagna, ma senza pensare che essa
possa essere nello stesso tempo dentro e fuori dall'Unione Europea!
In secondo luogo a Bratislava, anche in conseguenza della riunione dei
Paesi del Sud Europa, non si potrà ancora rimandare il necessario
chiarimento sulla politica economica europea. Finora si è lasciato il
compito di salvare il salvabile alla Banca Centrale Europea. Essa ha
svolto il suo lavoro in modo egregio ma è ormai chiaro che la Bce è in
grado di costruire dei paracadute ma non degli aeroplani. Tuttavia,
senza una nuova politica, l'Europa non volerà mai.
Qui non si tratta solo di formalismi giuridici ma di decidere se può
essere nell'interesse generale che l'Europa continui ad essere il
fanalino di coda dell'economia mondiale mentre la Germania conserva da
anni un surplus della bilancia commerciale di oltre 300 miliardi di
euro. Un attivo che si avvicina ormai all'intero Prodotto Nazionale di
un Paese come il Belgio, e si accompagna ad un surplus del bilancio
statale di oltre 27 miliardi, pur non essendo la Germania gravata da
alcun problema di debito.
So benissimo che la Germania si può permettere questo in conseguenza
delle sue virtù e non dei suoi vizi ma chi pretende di esercitare la
leadership in Europa deve rendersi responsabile dell'interesse generale
e non solo degli umori del proprio elettorato. Credo perciò che le
parole di disprezzo pronunciate dai leader tedeschi siano frutto del
fatto che essi non erano ad Atene a vedere direttamente come è stato
ridotto alla miseria un Paese che ha perso oltre un quarto del proprio
reddito. Eppure bastava che avessero fatto il percorso dall'aeroporto
di Atene fino al centro della città, dove tutto è in vendita e nessuno
è in grado di comperare. E tutti sanno che sarebbero bastati due soldi
e un poco di saggezza per evitare un danno che si ripercuote su tutti
noi e che traccia un'ombra sul futuro dell'intera Europa, Germania
compresa. A Bratislava sarà quindi opportuno riflettere anche sul fatto
che non vi può essere leadership senza saggezza.
b) La Stampa, 11 settembre 2016
Vorremmo l'Italia e l'Europa con l'elmo di Scipio
Tutti noi auspichiamo l'avverarsi del sogno di Altiero Spinelli e dei suoi compagni di Ventotene
di Eugenio Scalfari
A Bratislava si sono incontrati i ministri delle Finanze dell'Ue per
fare il punto sulla situazione economica dell'Unione di 27 Paesi. Ma ai
margini di quella riunione il ministro tedesco Wolfgang Schäuble ha
lanciato un violento attacco contro la Grecia e contro la riunione che
il premier greco Tsipras ha avuto con Renzi e Hollande. La rabbia di
Schäuble era di tale intensità da mettere in ombra il dibattito
sull'economia europea perché rappresentava una politica di rigore e di
austerità della Germania in una fase in cui l'Unione europea dovrebbe
adottare una politica di crescita la più accentuata possibile.
La Germania ha dunque cambiato la linea accettata dalla cancelliera
Merkel appena tre settimane fa nell'incontro con Renzi e Hollande a
Ventotene e poi a Maranello? Lì sembrò che la Merkel accettasse non
solo un rilancio degli investimenti ma anche della domanda dei
consumatori, dei lavoratori e delle imprese ed accettasse anche un
patto delle potenze mediterranee per governare al meglio le politiche
delle immigrazioni: una sorta di cintura mediterranea che avrebbe fatto
anche gli interessi della Germania contenendo le correnti migratorie
provenienti dal mare e in particolare dalla Libia.
Insomma a Bratislava Schäuble ha ignorato e anzi addirittura capovolto
le posizioni della Merkel e la cancelliera da Berlino ha taciuto. Forse
è la sconfitta inattesa alle elezioni amministrative di Meclemburgo-
Pomerania che suggerisce alla Merkel un radicale cambiamento di linea?
A Bratislava era presente anche Draghi perché l'Ecofin riguarda
direttamente anche la Banca centrale europea. Il suo intervento è stato
molto sintetico ma ha toccato un tasto di grande importanza: la
Germania attraversa un periodo in cui le sue esportazioni hanno
raggiunto un livello mai toccato prima. "Sarebbe ora - ha detto Draghi
- che accrescessero molto nella propria economia gli investimenti e il
livello dei salari, come del resto le regole dell'Ue prescrivono". Non
è certo una battuta spiritosa il rimprovero del presidente della Bce al
governo tedesco.
***
Visto che Draghi è entrato nel nostro racconto di quanto sta accadendo
in Europa, penso sia opportuno esaminare la politica della Banca
centrale in questi mesi estivi, dove tutti vanno in vacanza almeno per
qualche giorno salvo lui che lavora senza soste e dorme non più di due
notti di seguito nello stesso letto. È in moto continuo, soprattutto in
Europa ma anche in Usa, in Asia, in Australia, in Canada, in Egitto,
insomma dovunque. Le monete si muovono e lui come le monete di cui ne
governa una che ha rapporti di cambio e di scambio con tutte le altre.
Personalmente sono buon amico di Mario; conobbi anche suo padre Carlo
quando lavorai nella Banca nazionale del lavoro della quale suo padre
fu anche presidente.
Tra noi però, per tacita convenzione, non parliamo mai del suo lavoro
che io seguo da giornalista con le usuali fonti di informazione.
So, come tutti sanno, che Draghi ha sostenuto e sostiene in tutti i
modi che lo statuto della banca gli consente la moneta comune dei 19
Paesi europei che compongono quella che si chiama Eurozona. L'euro. È
lo strumento che usa con un intento che non è soltanto economico ma
anche di politica economica.
In Italia i nostri governatori furono tutti di questa taglia: Luigi
Einaudi, Donato Menichella, Paolo Baffi, Guido Carli, Carlo Azeglio
Ciampi. Draghi è della stessa specie, mentre in altri Paesi europei
quasi sempre i governatori della banca centrale sono soltanto
efficienti esecutori della politica economica stabilita dal governo.
Quando ci saranno (se mai ci saranno) gli Stati Uniti d'Europa, anche
la posizione del capo della Banca centrale cambierà; ma Draghi auspica
gli Stati Uniti d'Europa. Anzi - posso dirlo perché lo conosco molto
bene - è interessato al bene pubblico dell'Europa e non al proprio.
Tutto ciò premesso, il nostro banchiere centrale è per la crescita
delle economie dell'Europa. Sta immettendo da mesi liquidità nel
sistema, acquista obbligazioni emesse da aziende private con una mole
di acquisti che ormai hanno una mole di miliardi di euro. Finanzia le
banche europee che ne hanno bisogno ma mette tassi negativi sui loro
depositi presso la Bce per incoraggiare i flussi di credito dei nostri
banchieri verso i loro clienti privati che meritano credito per
investire.
L'economia italiana sta attraversando da tempo una fase di immobilismo.
Il Pil degli altri Paesi è in aumento, ma quello italiano no, è fermo
da almeno un anno ed oggi questa mancata crescita è uno dei motivi di
rabbia psicologica d'una massa di italiani che trasformano le loro
difficoltà economiche in rabbia politica.
Draghi non privilegia l'Italia, tratta tutti i Paesi di Eurolandia così
come le loro economie richiedono. Ma non credo sia molto soddisfatto
della politica economica del nostro governo. Ha apprezzato la
convergenza di Renzi sulla proposta che fece lui alcuni mesi prima di
un ministro delle Finanze unico dell'Eurozona. Ha apprezzato alcuni
interventi di Padoan, ma constata l'immobilità del Pil e quel che ne
consegue economicamente e socialmente.
Io non so cosa pensi in concreto che l'Italia debba fare. Ma poiché a
questi problemi penso anch'io, la mia proposta a Renzi ed a Padoan è
questa: un taglio se non totale almeno della metà del cosiddetto cuneo
fiscale.
Il cuneo fiscale è il nome che si dà all'ammontare dei contributi che
imprenditori e dipendenti versano all'Inps. Pesa molto su tutte e due
queste categorie e produce una notevole differenza tra salari e
profitti lordi e salari e profitti netti. Il taglio di almeno la metà
di tale contribuzione produrrebbe un aumento dei salari e dei profitti.
Un aumento tale da stimolare la domanda dei lavoratori e di profitti
degli imprenditori. Nel complesso, secondo me, è questo il vero
strumento per rimettere in moto il sistema. Romano Prodi fece qualche
cosa di simile con il suo primo governo, ma il taglio fu del 3 per
cento, eppure qualche beneficio lo produsse. Qui parliamo non del 3 ma
del 50 del cuneo fiscale: secondo me una rivoluzione.
Naturalmente a carico dell'Inps che ha alcune risorse proprie ma
certamente insufficienti a sostenere un taglio dei contributi di queste
dimensioni, fermi restando i servizi di vario tipo che l'Inps deve
continuare a fornire anche di fronte al taglio dei contributi.
A questo punto l'Inps chiederà l'appoggio del governo il quale a sua
volta dovrà aiutare l'Inps finanziandosi su tutti i contribuenti,
fiscalizzando cioè il taglio dei contributi e addebitandolo a tutti i
contribuenti in ragione del loro reddito. Una vera e propria
fiscalizzazione degli oneri sociali.
Questa è la proposta. Ignoro che cosa ne pensi Draghi ma per quel che
lo conosco forse approverebbe. Se mi sbaglio mi dispiace ma la proposta
che faccio a Renzi e a Padoan per quel che vale (e credo che valga
molto) è questa.
***
Torniamo a Renzi e al suo accordo con Francia e Grecia che sarà esteso
a Malta, Spagna, Portogallo.
È un accordo che punta su una politica europea di crescita, sul
rafforzamento delle strutture europee, su una politica di contenimento
dell'immigrazione, un contenimento attivo che trattenga i migranti nei
Paesi d'origine negoziando con quei governi e puntando su una
riaccoglienza dignitosa e alla creazione di nuovi posti di lavoro da
parte di investitori esteri privati e pubblici.
Questa è la politica estera ed economica come la vedono i Paesi
dell'alleanza mediterranea. E la Germania si opporrebbe? È impensabile
che questo accada, anche perché una politica del genere comporta costi
non indifferenti che spetta all'Ue di finanziare.
Tutti noi che auspichiamo l'avverarsi del sogno di Altiero Spinelli e
dei suoi compagni di Ventotene, e Renzi, ma anche la Merkel, dovrebbero
essere d'accordo su questa politica. Renzi lo è, anzi la promuove, ma
l'Eurolandia al completo dovrebbe appoggiarla. Così come dovrebbe
appoggiare una politica di sostegno del governo libico nella lotta
contro il Califfato in Libia, in Iraq, in Siria, col pieno accordo
degli Usa. Speriamo che Hillary Clinton, se vincerà, sia sulla stessa
linea del suo predecessore.
La politica militare, comunque, è ormai diventata un'incombenza che
l'Ue non può più ignorare. Renzi e il nostro ministro degli Esteri
Gentiloni con la sua collega della Difesa, l'hanno già proposto: difesa
e politica estera sono ormai un compito dell'Ue che va al più presto
realizzato. Sarebbe un passo decisivo verso il traguardo di Spinelli.
La Germania non è soltanto il Paese economicamente più forte d'Europa,
ma dovrebbe porsi il problema ormai centrale: guidare l'Europa verso
l'unità federale oppure restare in questo stato d'incertezza
neutralista?
Capisco che la Merkel abbia il peso delle elezioni tra pochi mesi, ma
non sarebbe una carta per lei vincente presentarsi con la bandiera di
Ventotene in mano?
***
Il ruolo europeo che Renzi ha conquistato è, come abbiamo visto, di
grande peso e importanza. Ma poi c'è l'Italia e i problemi politici che
comporta e qui la faccenda è particolarmente ingarbugliata. Ne abbiamo
scritto più volte ma merita un aggiornamento.
Grillo: una catastrofe. Non per il Paese ma per il suo movimento. Che
non ha mai attirato chi ha consapevolezza del bene comune. Promette un
futuro luminoso ma non ha mai detto che luce avrà e quale panorama
illuminerà. Ha detto però che per volere quella luce e il panorama
illuminato bisogna prima distruggere tutto. E purtroppo per molti
italiani questo programma distruttivo corrisponde alla loro rabbia.
È un fenomeno cominciato dalle elezioni europee che furono il trionfo
di Renzi ma l'inizio di un astensionismo di massa mai visto prima. Nel
seme di quell'astensionismo nacque il grillismo: un modo di astenersi
votando. Poi: un modo di distruggere tutto, tutto vuotando.
Questo è il grillismo, riflette la rabbia di molti italiani. Giovani
senza futuro, lavoratori precari, insegnanti frustrati, immigrati
detestati, Europa obliata, moneta comune che non ci regala niente e che
quindi non vale la pena di difendere. Questo è il grillismo.
Ora s'è visto che quanto meno è come gli altri se non peggio. La crisi
c'è ed è tutt'altro che terminata, i sondaggi la riflettono con la
diminuzione dei voti, ma non di molto. La situazione politicamente
tripolare c'è ancora con tutti i guai e con tutti i pericoli che
comporta.
Renzi comunque sembra aver capito che un "no" vittorioso al referendum
lo renderebbe debolissimo in Parlamento. Ha capito che deve cambiare
profondamente la legge elettorale. Ha capito che il ballottaggio è un
pericolo tuttora grave, anche con un Grillo più debole.
Il "sì" referendario lo rinforzerebbe ma non è un obiettivo facile.
Deve trasformare la legge elettorale. Deve accettare le sue
caratteristiche di sinistra democratica e allearsi con formazioni di
centro liberale. Deve combattere per uno sblocco economico e fiscale.
Se gioca bene queste carte la rabbia sociale diminuirà. Deve togliersi
gli abiti da rottamatore e indossare quelli del nuovo costruttore. Deve
studiare la storia politica di Alcide De Gasperi, di Aldo Moro, di
Enrico Berlinguer.
Se capirà bene quello che legge e che alcuni di noi hanno vissuto potrà
raggiungere una popolarità responsabile del popolo che è sovrano quando
pensa e quando sa.
Abbiamo ieri pubblicato un'intervista a Giorgio Napolitano del
direttore del nostro giornale. Napolitano ha fatto un'ampia indagine
dell'Italia moderna, dei suoi guai e anche delle sue virtù. È per il
"sì" referendario ma è anche per un necessario mutamento della legge
elettorale. Lui fa parte dei personaggi che ho prima ricordato. Ci
conosciamo bene Giorgio ed io. Lui era liberal-comunista ed io liberal-
socialista. Adesso siamo tutt'e due liberal-democratici e vorremmo un
governo che lo fosse.
-----------------
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Erasmus
«NO a nuovi trattati intergovernativi!»
«SI' alla "Costituzione Europea" federale, democratica e trasparente!»
Erasmus- Messaggi : 761
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Re: Meeting Sud-Europa ad Atene e Consiglio Europeo di Bratislava
Erasmus ha scritto:
Tutti noi che auspichiamo l'avverarsi del sogno di Altiero Spinelli e
dei suoi compagni di Ventotene, e Renzi, ma anche la Merkel, dovrebbero
essere d'accordo su questa politica. Renzi lo è, anzi la promuove, ma
l'Eurolandia al completo dovrebbe appoggiarla. Così come dovrebbe
appoggiare una politica di sostegno del governo libico nella lotta
contro il Califfato in Libia, in Iraq, in Siria, col pieno accordo
degli Usa. Speriamo che Hillary Clinton, se vincerà, sia sulla stessa
linea del suo predecessore.
La politica militare, comunque, è ormai diventata un'incombenza che
l'Ue non può più ignorare. Renzi e il nostro ministro degli Esteri
Gentiloni con la sua collega della Difesa, l'hanno già proposto: difesa
e politica estera sono ormai un compito dell'Ue che va al più presto
realizzato. Sarebbe un passo decisivo verso il traguardo di Spinelli.
La Germania non è soltanto il Paese economicamente più forte d'Europa,
ma dovrebbe porsi il problema ormai centrale: guidare l'Europa verso
l'unità federale oppure restare in questo stato d'incertezza
neutralista?
Capisco che la Merkel abbia il peso delle elezioni tra pochi mesi, ma
non sarebbe una carta per lei vincente presentarsi con la bandiera di
Ventotene in mano?
Appello che non si può non sottoscrivere ma è troppo ottimista, nel senso che Renzi e Merkel tutto mi sembrano tranne che disposti a perseguire seriamente la via dell'unità europea. Del resto con tutti i disastri che ha combinato l'attuale governo tedesco e vista la popolarità della Merkel anche se questa si convertisse all'improvviso al fare sul serio per l'unione avrebbe enormi difficoltà a conquistarsi in Europa la fiducia necessaria.
Secondo me per ora l'unica cosa sensata da sperare è che alle prossime elezioni in Germania la sig.ra Merkel si levi dagli zebedei con tutta la CDU al seguito: forse allora potremo cominciare a sperare in qualcosa di più che BLA-BLA-BLA a tutto spiano.
ART-- Messaggi : 547
Data d'iscrizione : 08.09.13
Re: Meeting Sud-Europa ad Atene e Consiglio Europeo di Bratislava
Ero sicuro d'aver "postato" un articolo da Euobserver.com a commento del Consiglio Europeo di Bratislava.
Ma adesso non lo vedo!
Allora lo "ri-posto".
Per l'ennesima volta si constata quanto deleteria è per tutti la spocchia di "sovranutà".
I nostri beneamati (si fa per dire!) governanti ad ogni pié sospinto dichiarano che occorre risolvere urgentemente c erti problemi, sciogliere i nodi che impediscono la ripresa e la crescota:ma poi, all'atto pratico, ... "tot capita tot sententiae"!
Andiamo avanti così ... e l'Unione si disfarà, si tornerà magari a forme dittatoriali di tipo fascista, con la guerra tra europei alle porte!
––> [url=https://euobserver.com/political/135106[/url]
In Bratislava, EU leaders try to bridge divisions
By ESZTER ZALAN
BRUSSELS, 15. SEP, 17:55
Cool heads will be needed in Bratislava on Friday (16 September) to find common ground among 27 European leaders in a union that EU Commission Jean-Claude Juncker described as fragmented at a never before seen level.
A divided EU at 27 will gather for a day in the Slovak capital to establish a “diagnosis” of the bloc after the Brexit vote, and agree on a road map of common interest to be followed up at later summits in the next months.
The so-called Bratislava process to be launched on Friday will include another informal meeting in Malta in February and will culminating in Rome in March, when the EU celebrates the 60th anniversary of the Rome treaty.
“Never before have I seen so much fragmentation, and so little commonality in our Union,” Juncker said in his state of the union address on Wednesday.
After the union just survived a bruising eurocrisis, June’s Brexit vote exposed simmering frustrations among the electorate with globalisation, the ruling political elite, and an EU that seems unable to deliver.
With populist forces on the rise across Europe, leaders are pressed by time to give viable answers. Next year will see elections in the Netherlands, France and Germany.
EU Council chief Donald Tusk will have the task of focusing leaders on finding what unites them in a time that a senior EU official described as “dramatic moment in EU history”.
In a letter to leaders on Tuesday, Tusk wrote: “People in Europe want to know if the political elites are capable of restoring control over events and processes which overwhelm, disorientate, and sometimes terrify them. Today many people, not only in the UK, think that being part of the European Union stands in the way of stability and security.”
he 27 leaders will gather in the Bratislava castle. In their first discussion they will focus on agreeing on a common “diagnosis” on where the EU is at and why, and what should be improved. This could define the political agenda for months.
The intention is to have an honest debate. Tusk believes “we cannot simply shut down reality with optimistic messages", said one EU official.
During lunch, leaders will discuss communication and the working method, as the senior EU official put it. Brexit will not be on the table, but Tusk will brief leaders on his talks with UK prime minister Theresa May.
Bratislava process
In the afternoon, leaders will focus on a statement, and how to proceed with what the “Bratislava process".
However, EU powers, the reoccurring core debate of whether there should be more or less integration to effectively tackle the multiple crises Europe is facing, will not be discussed.
Tusk notes in his letter that “giving new powers to European institutions is not the desired recipe” by national leaders.
Leaders will concentrate on finding common ground on migration, a deeper defense cooperation, a common trade policy, growth, better intelligence and resource-sharing to fight terrorism, and strengthening the EU’s external border frontier.
But EU countries are deeply divided on policies, and Bratislava is meant to rebuild those bridges.
A commission internal graphic laying out member states' positions on 29 different policy areas, seen by this website, shows that only three EU policies – single market, fight against terrorism, and the digital agenda – are backed a majority of leaders.
While Tusk wants to avoid a blame game among the member states and the institutions, spats among eastern and western EU member states can flare up.
Some eastern member states hold a grudge against the commission for pushing through a mandatory relocation quota to distribute refugees among member states.
Earlier this week Luxembourg's foreign minister Jean Asselborn called for the exclusion of Hungary from the EU for the way it is treating migrants. In return Hungary’s prime minister Viktor Orban called Asselborn a “communist”.
“The risk of failure is not excluded. The summit will fail if there is total discord,” said another EU official.
Leaders are expected to be pressed not to blame the EU for their countries’ vowes, when they take part in the decision-making.
Concrete decisions are not expected in Bratislava, except for personnel and equipment to help Bulgaria protect its border with Turkey.
And while officials attempt to play down
of a breakthrough, showing a united front in itself will be a challenge.
• Tusk and Merkel discuss post-Brexit EU
• EU leaders to define new priorities in Bratislava
• Eastern bloc wants fewer EU powers, more security
• Our common path: EU cohesion, not trenche
–––––
Ma adesso non lo vedo!
Allora lo "ri-posto".
Per l'ennesima volta si constata quanto deleteria è per tutti la spocchia di "sovranutà".
I nostri beneamati (si fa per dire!) governanti ad ogni pié sospinto dichiarano che occorre risolvere urgentemente c erti problemi, sciogliere i nodi che impediscono la ripresa e la crescota:ma poi, all'atto pratico, ... "tot capita tot sententiae"!
Andiamo avanti così ... e l'Unione si disfarà, si tornerà magari a forme dittatoriali di tipo fascista, con la guerra tra europei alle porte!
––> [url=https://euobserver.com/political/135106[/url]
In Bratislava, EU leaders try to bridge divisions
- Bratislava Castle: The "process" will culminate in Rome next year (Photo: Petra Gregorova)
By ESZTER ZALAN
BRUSSELS, 15. SEP, 17:55
Cool heads will be needed in Bratislava on Friday (16 September) to find common ground among 27 European leaders in a union that EU Commission Jean-Claude Juncker described as fragmented at a never before seen level.
A divided EU at 27 will gather for a day in the Slovak capital to establish a “diagnosis” of the bloc after the Brexit vote, and agree on a road map of common interest to be followed up at later summits in the next months.
The so-called Bratislava process to be launched on Friday will include another informal meeting in Malta in February and will culminating in Rome in March, when the EU celebrates the 60th anniversary of the Rome treaty.
“Never before have I seen so much fragmentation, and so little commonality in our Union,” Juncker said in his state of the union address on Wednesday.
After the union just survived a bruising eurocrisis, June’s Brexit vote exposed simmering frustrations among the electorate with globalisation, the ruling political elite, and an EU that seems unable to deliver.
With populist forces on the rise across Europe, leaders are pressed by time to give viable answers. Next year will see elections in the Netherlands, France and Germany.
EU Council chief Donald Tusk will have the task of focusing leaders on finding what unites them in a time that a senior EU official described as “dramatic moment in EU history”.
In a letter to leaders on Tuesday, Tusk wrote: “People in Europe want to know if the political elites are capable of restoring control over events and processes which overwhelm, disorientate, and sometimes terrify them. Today many people, not only in the UK, think that being part of the European Union stands in the way of stability and security.”
he 27 leaders will gather in the Bratislava castle. In their first discussion they will focus on agreeing on a common “diagnosis” on where the EU is at and why, and what should be improved. This could define the political agenda for months.
The intention is to have an honest debate. Tusk believes “we cannot simply shut down reality with optimistic messages", said one EU official.
During lunch, leaders will discuss communication and the working method, as the senior EU official put it. Brexit will not be on the table, but Tusk will brief leaders on his talks with UK prime minister Theresa May.
Bratislava process
In the afternoon, leaders will focus on a statement, and how to proceed with what the “Bratislava process".
However, EU powers, the reoccurring core debate of whether there should be more or less integration to effectively tackle the multiple crises Europe is facing, will not be discussed.
Tusk notes in his letter that “giving new powers to European institutions is not the desired recipe” by national leaders.
Leaders will concentrate on finding common ground on migration, a deeper defense cooperation, a common trade policy, growth, better intelligence and resource-sharing to fight terrorism, and strengthening the EU’s external border frontier.
But EU countries are deeply divided on policies, and Bratislava is meant to rebuild those bridges.
A commission internal graphic laying out member states' positions on 29 different policy areas, seen by this website, shows that only three EU policies – single market, fight against terrorism, and the digital agenda – are backed a majority of leaders.
While Tusk wants to avoid a blame game among the member states and the institutions, spats among eastern and western EU member states can flare up.
Some eastern member states hold a grudge against the commission for pushing through a mandatory relocation quota to distribute refugees among member states.
Earlier this week Luxembourg's foreign minister Jean Asselborn called for the exclusion of Hungary from the EU for the way it is treating migrants. In return Hungary’s prime minister Viktor Orban called Asselborn a “communist”.
“The risk of failure is not excluded. The summit will fail if there is total discord,” said another EU official.
Leaders are expected to be pressed not to blame the EU for their countries’ vowes, when they take part in the decision-making.
Concrete decisions are not expected in Bratislava, except for personnel and equipment to help Bulgaria protect its border with Turkey.
And while officials attempt to play down
of a breakthrough, showing a united front in itself will be a challenge.
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• EU must find common objectives at summit, says Tusk• Tusk and Merkel discuss post-Brexit EU
• EU leaders to define new priorities in Bratislava
• Eastern bloc wants fewer EU powers, more security
• Our common path: EU cohesion, not trenche
–––––
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