Montale: da " OSSI DI SEPPIA"
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Montale: da " OSSI DI SEPPIA"
La raccolta di poesie "OSSI DI SEPPIA" è particolarmente amata da ogni generazione e confesso di scegliere spesso questo libro da uno degli scaffali della mia confusa libreria e di rileggerlo con devozione.
Montale nacque a Genova, e la città che tanto amava ora è sepolta dal fango. Egli è tra i principali rapresentanti dell'ermetismo .
OSSI DI SEPPPIA (1925) fu pubblicato a Torino dall'editore Pietro Gobetti.
E' nota la sua sensibilità acutissima nel rappresentare il glauco mare ligure corroso dalla salsedine, circondato da una profonda solitudine espressa dall'endecasillabo spezzato, frantumato, disarticolato.
Noto qui come Paul Valery nel suo "Cimitero Marino", nonostante il pessimismo che la lirica esprime in una sonorità che poco spazio lascia al respiro, alla pausa ,alla quiete ci offre una motivazione alla vita, una speranza riassunta anche nella sua epigrafe tratta dalla Pitica III di Pindaro che significa: "Oh anima mia, non aspirare a una vita immortale , ma pòniti a opere che ti sia dato da compiere", occupati della lotta, della battaglia, della vita da portare a compimento, e questa forza vitale raggiunge il vertice con" Il vento si leva, bisogna continuare a vivere" , mentre invece in Montale non c'è lotta nè speranza, ci abbaglia solo un paesaggio torrido, piatto che riecheggia "Il Signore delle Mosche" del Nobel William Golding ,un paesaggio sulfureo, assolato dove la vita rallenta le proprie dinamiche e ambiguità e motivazioni per tradursi in un amorfo paesaggio privo di vibrazioni e di sonorità.
Ripropongo "Meriggiare pallido e assorto
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d'orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch'ora si rompono ed ora s'intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com'è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Montale nacque a Genova, e la città che tanto amava ora è sepolta dal fango. Egli è tra i principali rapresentanti dell'ermetismo .
OSSI DI SEPPPIA (1925) fu pubblicato a Torino dall'editore Pietro Gobetti.
E' nota la sua sensibilità acutissima nel rappresentare il glauco mare ligure corroso dalla salsedine, circondato da una profonda solitudine espressa dall'endecasillabo spezzato, frantumato, disarticolato.
Noto qui come Paul Valery nel suo "Cimitero Marino", nonostante il pessimismo che la lirica esprime in una sonorità che poco spazio lascia al respiro, alla pausa ,alla quiete ci offre una motivazione alla vita, una speranza riassunta anche nella sua epigrafe tratta dalla Pitica III di Pindaro che significa: "Oh anima mia, non aspirare a una vita immortale , ma pòniti a opere che ti sia dato da compiere", occupati della lotta, della battaglia, della vita da portare a compimento, e questa forza vitale raggiunge il vertice con" Il vento si leva, bisogna continuare a vivere" , mentre invece in Montale non c'è lotta nè speranza, ci abbaglia solo un paesaggio torrido, piatto che riecheggia "Il Signore delle Mosche" del Nobel William Golding ,un paesaggio sulfureo, assolato dove la vita rallenta le proprie dinamiche e ambiguità e motivazioni per tradursi in un amorfo paesaggio privo di vibrazioni e di sonorità.
Ripropongo "Meriggiare pallido e assorto
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d'orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch'ora si rompono ed ora s'intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com'è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
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