Docere et delectare
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Docere et delectare
Gilberto non poteva certo dar torto alla moglie. Se non aveva provveduto a sgombrare subito la vecchia e quasi cadente casa in campagna del padre era stato solo per pigrizia. Possedere un rudere e continuare a tenerlo in quello stato era solo un’inutile spesa e sicuramente ingenuo sarebbe stato tentar di vendere i vecchi mobili, ora che l’antiquariato era passato di moda, seppur quel legno tarlato potesse mai aspirar d’essere chiamato antiquariato.
Era entrato pertanto nella casa di malavoglia, come si entra negli oscuri scantinati, sperando di non incontrarvi ragni o peggio e tenendo sulla bocca un fazzoletto nell’intento di intimorire così qualche microbo meno avventuroso. Ma l’interno era meno peggio di quanto non temesse e, aperte le finestre e fatta filtrare una doviziosa quantità di aria e luce, sembrò a Gilberto quasi piacevole. Il vecchio divano giallo era stato coperto da una pietosa tela, forse per proteggere gli occhi del visitatore dalla sua vista, sentenziò l’uomo a cui invero non era mai piaciuto. “Non piaceva neppure a mamma” ricordò tra se, domandandosi perché mai lo avessero tenuto per tanti anni. “Pigrizia”, decretò “le azioni degli uomini, soprattutto meno giovani, sono comandate dalla pigrizia!”. Probabilmente l’estensione di tale vizio all’intera umanità, in quel momento gli parve un’ottima giustificazione alla sua accidia che lo aveva tenuto lontano da quel luogo per così tanto tempo.
Fu alla fine di quella ispezione – nel corso della quale nulla aveva rintracciato che meritasse di essere salvato dal disonore della discarica – che s’accorse della vecchia biblioteca del padre. Si trattava di una piccola stanzetta che conteneva appena qualche centinaio di volumi, sul cui ingresso campeggiava il motto oraziano “Docere et delectare”, che Gilberto, pessimo latinista, aveva sempre considerato incongruo, giacché non gli risultava che il padre giammai fosse stato docente.
Se i mobili erano inutili, i libri erano perfino dannosi. Considerati generalmente polverosi e poco igienici, nessuno li conservava più da anni, sostituiti da meno ingombranti sistemi elettronici. Possedere una biblioteca, poi, era il chiaro sintomo di una mentalità ridicolmente novecentesca di cui pochissimi non si sarebbero vergognati. “Povero papà …che uomo antico! …sprecare così una stanza…”. Sugli scaffali i volumi erano conservati in doppia, talvolta tripla fila, in modo tale che rimaneva oscuro come potessero essere recuperati alla bisogna. Eppure Gilberto ricordava benissimo la facilità con cui il padre rintracciava la posizione di ogni libro. Rammentava, ad esempio, che in basso a sinistra, vi era quella che papà aveva chiamato “la farmacia per Gilberto” una dozzina di testi alla cui lettura aveva condannato il figliolo adolescente. Boezio e Voltaire, Erasmo e Cartesio, Seneca e Montaigne, Sant’Agostino e Bertrand Russel, decine di pensatori che si erano avvicendati nei secoli…”Rappresentano un antidoto, figliolo – gli aveva detto il padre – un farmaco prodigioso contro l’intolleranza, i pregiudizi, il nichilismo esistenziale e la paura di vivere…” ma al figlio erano sembrati solo autori prolissi e noiosissimi.
Gilberto si mise in tasca uno di quei volumi. “E’ molto tempo che non leggo un libro…magari mi aiuta ad addormentarmi...” disse chiudendo prima la porta della biblioteca e poi quella della casa abbandonata.
Sono passati alcuni anni e quella casa in rovina e quella piccola biblioteca ammuffita sono ancora là, in silente attesa di qualche visitatore. Gilberto non è più tornato ma, ciò nonostante, quelle sale polverose sembrano traspirare l’attesa di qualcuno. Forse sarà un fanciullo curioso, magari un futuro nipote, che entrerà un giorno in quella piccola stanza dei sogni e scoprirà finalmente cosa mai siano questi famosi “libri” di cui avrà solo sentito parlare. Forse quel fanciullo si siederà e comincerà a sfogliarli e forse, leggendoli, imparerà qualcosa che ormai nessuno è in grado di insegnargli e, chissà, magari sorriderà divertito da qualche frase antiquata o per qualche antica facezia. “Docere et delectare”. Da dove si trovano, Orazio e il padre di Gilberto ne saranno certamente compiaciuti.
Dal seguito, di prossima pubblicazione, di "Un Boia nella Rete", racconti da un forum.
Mastro Titta- Messaggi : 198
Data d'iscrizione : 14.01.14
Re: Docere et delectare
Grazie, Mastro Titta! Facci sapere!
afam- Messaggi : 228
Data d'iscrizione : 28.08.13
Località : Roma
Re: Docere et delectare
Docere et Delectare
Mi sfugge la traduzione...
Potrebbe essere "Compiacersi di Insegnare"?
Mi sfugge la traduzione...
Potrebbe essere "Compiacersi di Insegnare"?
Epoch- Messaggi : 720
Data d'iscrizione : 03.12.13
Località : Valle di Susa
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